24 Marzo 2004
Una strategia di sviluppo per rilanciare un agroalimentare forte e competitivo
"L'agricoltura e il settore agro-alimentare del nostro Paese vivono un momento di grande affanno, come del resto, l'intera economia, che registra inevitabili riflessi negativi su consumi, investimenti, ricerca, formazione, politiche industriali. Le recenti vicende della Cirio e della Parmalat sono sintomatiche di una situazione estremamente delicata. Per questo motivo chiediamo che venga istituita una sede in cui si possa discutere con il governo un sistema di regole e di politiche. Obiettivo è quello di avere più impresa agricola nell'agro-alimentare e più agro-alimentare nell' economia nazionale, cercando di dare continuità alle idee e ai progetti avanzati negli ultimi tempi in materia di qualità, di promozione e di programma agricolo nazionale". Lo ha affermato il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Massimo Pacetti intervenendo alla tavola rotonda promossa a Roma dall'Inea sul tema "Quale futuro per l'agroalimentare italiano? Una prima riflessione alla luce delle recenti crisi industriali".
"Oggi -ha aggiunto Pacetti- manca una forte realtà agroalimentare italiana a livello multinazionale. Siamo in presenza di una crisi evidente che ha avuto effetti non certo positivi sulle imprese agricole. Negli ultimi anni, infatti, per gli agricoltori sono venute meno importanti strutture di servizio (impianti di stoccaggio e prima lavorazione) e marchi nazionali. Le difficoltà si sono acuite proprio per la mancanza di un credibile interlocutore della filiera agro-alimentare, con conseguenti problemi circa la possibilità di valorizzare le produzioni nazionali. D'altra parte, come è possibile coniugare qualità, tracciabilità, sicurezza, territorio in assenza di un quadro di relazioni interprofessionali che valorizzi la materia prima agricola".
"Per questa ragione -ha sottolineato il presidente della Cia- pensiamo che sia assolutamente necessaria una svolta positiva. Il preoccupante stallo dell'economia italiana si sta riflettendo pesantemente anche sull'agricoltura e sull'agroalimentare. Le imprese sono alle prese con problemi sempre più complessi e la competitività segna il passo e in molti casi è scesa in maniera preoccupante. E' necessario un progetto nuovo e di ampio respiro che apra nuove prospettive a tutto il sistema agricolo, alimentare e industriale".
"La difficile situazione in cui oggi versa l'agricoltura e l'agro-alimentare del nostro Paese richiede -ha aggiunto Pacetti- un indispensabile cambiamento. Ecco perché insistiamo che il governo promuova al più presto un momento forte di riflessione comune sulla politica agricola nazionale. Un momento nel quale coinvolgere tutte le componenti del mondo agricolo e dell'agro-alimentare proprio per cercare di delineare un'azione forte e strategica per adeguare le nostre politiche alla riforma della Politica agricola Ue e ai grandi mutamenti che si riscontrano nello scenario internazionale, in particolare dopo la conclusione della Conferenza Wto di Cancun".
Soffermandosi sui rapporti di filiera nell'agroalimentare e sui possibili scenari futuri, il presidente della Cia ha sottolineato che "anche il settore agricolo, in quanto conferente di materia prima, sconta un rischio d'impresa nelle relazioni. Pertanto riteniamo che lo strumento dell'interprofessione sia il più idoneo per assicurare un 'controllo sociale' degli agricoltori alle vicende delle singole imprese industriali e per definire progetti di sviluppo e valorizzazione del prodotto agro-alimentare nazionale".
Pacetti, infine, ha ricordato le recenti affermazioni del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi finalizzate alla valorizzazione dell'imprenditoria agricola agroalimentare e alla salvaguardia delle produzioni tipiche e di qualità del "made in Italy". "Un appello -ha concluso- che come Cia apprezziamo e che deve essere accolto da istituzioni, forze politiche, sociali ed economiche affinché si agisca per dare un domani di certezza alla nostra agricoltura, all'intero sistema agroalimentare, ad un inestimabile patrimonio non solo produttivo ma anche culturale".