Ucraina: Cia Padova, subito sostegni ad agricoltori o si rischia il default
L’allarme dell'Organizzazione provinciale: "Nel medio termine potremmo non avere cereali a sufficienza per le nostre esigenze alimentari"
Non solo mais. A causa del perdurare della crisi russo-ucraina, ora in Provincia -e in particolare nella zona della Bassa Padovana- è a forte rischio pure la produzione di grano duro, tenero e orzo a causa dei “folli” aumenti dei concimi e del gasolio agricolo. “Nel medio termine potremmo non avere cereali a sufficienza per le nostre esigenze alimentari”, è l’allarme di Cia-Agricoltori Italiani Padova. I dati raccolti da un recente studio, a cura della stessa Cia Padova, non lasciano spazio ad interpretazioni: il nitrato ammonico, che si distribuisce nei cereali a paglia per favorire una crescita più sana e vigorosa, è passato dai 230 euro a 750 euro a tonnellata nel giro di pochi mesi (+226%); l’urea, fertilizzante azotato, dai 330 euro a 1.000 euro a tonnellata (+203%), il gasolio agricolo da 0,70 centesimi al litro a 1,30 euro al litro (+85%).
“A motivo dei rincari gli imprenditori agricoli saranno costretti a ridurre drasticamente le concimazioni al fine di contenere i costi, con inevitabili ripercussioni sia sulla qualità dei cereali, che sulla quantità”, precisa il presidente della zona Cia Este-Montagnana, Emilio Cappellari. Una criticità con impatti potenzialmente devastanti per la Bassa, dove viene prodotto un quinto del totale del frumento tenero di tutta la Regione, per una superficie totale di oltre 15mila ettari e un fatturato di circa 40 milioni di euro all’anno. Per quanto riguarda l’orzo, invece, la provincia di Padova è al primo posto in termini di produzione su scala regionale: 4.400 ettari, per un fatturato di 7 milioni di euro all’anno. “Stiamo registrando una carenza di concimi, diventa addirittura difficile approvvigionarsi -aggiunge il presidente Cappellari-. E quelli che si riescono a reperire sono aumentati a dismisura”. “A differenza di altre imprese, quelle agricole non si possono fermare, per ovvie ragioni”. Gli allevamenti, ad esempio, continuano ad aver bisogno di mangime, che viene prodotto pure col mais; i prezzi di quest’ultimo, però, sono saliti alle stelle (da 16 euro a 35 euro a tonnellata, +118%). Lo dico in maniera provocatoria -analizza-. Nelle aziende agricole non si possono certo mettere i bovini in cassa integrazione. Gli allevatori vedono triplicare i costi per l'alimentazione del bestiame, a fronte di un prezzo che viene loro riconosciuto, sia del latte che della carne, al ribasso”.
Al fine di tentare di fornire delle risposte concrete all’attuale emergenza, oggi il Consiglio direttivo nazionale di Cia ha approvato un ordine del giorno col quale si richiedono alle Istituzioni “specifiche misure di sostegno”. Fra queste, analizza il presidente di Cia Padova, Luca Trivellato, “l’eliminazione dell’Iva sulla parte delle accise per i carburanti, oltre che incentivi alla semina di mais anche attraverso strumenti assicurativi in grado di remunerare con risorse pubbliche un eventuale riduzione dei prezzi pagati agli agricoltori nei prossimi mesi rispetto ai valori attuali”. E ancora, secondo Trivellato, “serve introdurre la possibilità di consolidare o ristrutturare il debito delle imprese agricole prevedendo una garanzia diretta a titolo gratuito da parte dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare o del Mediocredito Centrale spa”. Infine, occorre attivare “deroghe e percorsi di semplificazione sia sul fronte delle agro-energie che su quello del recupero del potenziale produttivo, come le deroghe all’inverdimento Pac”.
“Ci aspettano settimane complicate -conclude il presidente Trivellato-. Solo con il supporto degli enti competenti il settore primario sarà in grado di resistere. Non possiamo permetterci di fallire, è in gioco l’approvvigionamento alimentare internazionale”.