26 Maggio 2004
"Rompiamo il silenzio": incontro della Cia Calabria sulla criminalità in agricoltura
Le ultime stime dell'Osservatorio nazionale zoomafia parlano di oltre 10 mila animali tra ovini, caprini e bovini che negli anni scorsi, in Calabria, sono scomparsi nel nulla. In tutta Italia i furti di animali d'allevamento sono aumentati del 20 per cento e la Calabria (9,1 per cento) è al quarto posto dietro alla Sicilia (18,7 per cento) e il Lazio (13,6 per cento). Al prima posto vi è la Sardegna con il 33,5 per cento. Esiste un legame molto stretto tra questo fenomeno e un business legato alla macellazione clandestina per la produzione di carne destinata al consumo umano, quindi senza alcun controllo sanitario, per un giro d'affari da capogiro: 250 milioni di euro. Collegato a questi loschi affari vi è un florido traffico di marchi di identificazione che spesso vengono ritrovati durante i blitz delle forze dell'ordine la cui provenienza è però ignota.
Sono solo alcuni dei dati emersi nel rapporto presentato dalla Confederazione italiana degli agricoltori Calabria e realizzato dalla Fondazione Cesar, sul sommerso e sconosciuto fenomeno della criminalità e dell'usura nella campagne calabresi, nel corso dell'incontro dal tema "Rompiamo il silenzio".
Restando in campo zootecnico, in provincia di Reggio Calabria è radicato il fenomeno delle "vacche sacre", animali di proprietà della mafia che pascolano indisturbati su terreni privati senza alcun controllo. Ma l'abigerato, ovvero il furto del bestiame, non è l'unica minaccia per gli imprenditori. La 'ndrangheta prende di mira attrezzature e macchine agricole che spesso oltre ad essere rubate vengono distrutte con incendi dolosi se non viene pagato l'oneroso pizzo. Le zone a rischio sono Gioia Tauro e Lamezia Terme, Vibo Valentia dove nessuno viene risparmiato dal taglieggiamento per la "guardiania". Le aree interne della provincia di Cosenza e Catanzaro sono interessate anche dal caporalato. Le imprese agricole malavitose certificano all'Inps, mediante certificazione falsa, giornate lavorative in misura superiore al 7,2 per cento dei massimali imposti dalla legge.
La mano della 'ndrangheta c'è anche nelle compravendite di terreno per riciclaggio di denaro sporco, acquisizioni effettuate a seguito di estorsioni che portano alla rovina l'imprenditore agricolo, la gestione dell'import/export di prodotti agricoli verso l'estero è sotto il controllo della malavita che, tramite l'acquisizione del prodotto ancora sulla pianta, arriva a condizionare il prezzo del prodotto sul mercato.
Critica è, inoltre, la situazione nelle province di Cosenza e Catanzaro per ciò che riguarda le cave abusive. "I nostri agricoltori -ha detto Giuseppe Mangone presidente della Cia Calabria- sono soli e disarmati per cui quando va bene non gli rimane che scendere a patti. Non bisogna meravigliarsi se le denunce riguardano solo il 10 per cento delle angherie subite. La denuncia della Cia è stata accolta a livello nazionale dal Procuratore nazionale Vigna che ha istituito l'ufficio antimafia delegato a seguire il settore agricolo, ma da solo non può fare molto".
Mangone ha chiesto nell'ambito del Por la realizzazione di specifiche misure di prevenzione e repressione attraverso l'uso della tecnologia satellitare per un monitoraggio del territorio, la presenza di vigili urbani rurali da affiancare alla polizia municipale o un numero verde per le denuncie. Molto toccanti sono state le interviste realizzate dalla collega Paola Militano ad alcuni imprenditori agricoli che hanno subito pesanti vessazioni criminali. I risultati dell'indagine sono stati resi noti dal presidente della Fondazione Cesar Giancarlo Brunello secondo il quale in Calabria la criminalità vuole il controllo del territorio più che il controllo del settore e questo perché l'agricoltura fa fatica a svilupparsi. Brunello ha rimarcato il grande dramma rappresentato dall'assenza di denunce.
Un fenomeno questo stimato dai dati presentati dal tenente colonnello Raffaele Fedocci comandante provinciale dei Carabinieri. A fronte delle 291 stazioni presenti sul territorio della Calabria, nel 2004 ci sono state solo 93 denunce per furti e 42 per danneggiamenti. "Si rivela una scarsa propensione alla denuncia tanto che il fenomeno se non inquadrato in un giusto contesto potrebbe apparire irrilevante. L'imprenditore oggetto di aggressione -ha detto il comandante- si adegua al sistema, ritiene di ricevere un'impropria protezione e considera le pretesa della criminalità organizzata dei dazi che vengono compensati con un'interpretazione irregolare delle norme che regolano il mondo del lavoro. Ecco il fenomeno del lavoro nero e di lavoratori che vengono taglieggiati".
Particolare attenzione è riservata al riciclaggio e all'usura da parte della Guardia di Finanza proprio come ha detto il maggiore Luigi Smurra del gruppo investigativo criminalità organizzata secondo cui: "L'importanza della componente economica del fenomeno criminale e di progressivo coinvolgimento di strutture finanziarie imprenditoriali, hanno imposto un incremento delle investigazioni finanziarie a fine di incidere sui flussi monetari e sui patrimoni illecitamente acquisiti". Fernando Pignataro, presidente del consiglio regionale dell'Unipol, e Demetrio Costantino, presidente della Commissione interprovinciale diritto sicurezza, hanno parlato di un legame forte del controllo dei pezzi del mercato del lavoro da parte della criminalità organizzata a cui bisognerebbe rispondere con la confisca dei beni dei mafiosi.
Ma come dare fiducia agli agricoltori? "Dobbiamo essere credibili -ha detto il procuratore distrettuale antimafia di Lamezia Terme Raffaele Mazzotta- solo così possiamo conquistare la fiducia dell'opinione pubblica e degli operatori economici. Le declamazioni sono inutili. Non bisogna pensare alla militarizzazione del territorio ma ad un'attività efficacia e di intelligence. Se noi arriviamo ad ottenere che le nostre indagini reggano ai successivi riscontri processuali, riusciremo a fare emergere nell'opinione pubblica il coraggio di denunciare, ma occorre impegno continuo e un numero cospicuo di persone in grado di investigare". Le considerazioni conclusive sono state di Michele Drosi vicepresidente della Cia della Calabria.