11 Settembre 2007
Prezzi: rincari ingiustificati e aumenti selvaggi per pane e pasta. Dal campo alla tavola è crescita boom. E intanto i consumi crollano
La Cia -che condivide le motivazioni dello "sciopero della spesa" del 13 settembre- sottolinea che gli incrementi registrati dalle quotazioni del grano sui mercati mondiali (in Italia costa come venti anni fa) non hanno un reale riscontro con i prezzi praticati al consumo. Vendite scese del 6,5 per cento per i derivati dei cereali. La Ue corre ai ripari e pensa di aumentare del 10 per cento le superfici destinate a cereali.
L'aumento che in questi ultimi mesi ha caratterizzato le quotazioni del grano non ha nessun riscontro reale con i fortissimi rincari che si sono avuti al dettaglio. Per pane e pasta siamo, quindi, in presenza di speculazioni e di incrementi selvaggi. A sottolinearlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori alla vigilia dello "sciopero della spesa" programmato dalle associazioni dei consumatori per giovedì prossimo 13 settembre e di cui condivide le motivazioni. Rincari che hanno determinato un crollo dei consumi, visto che le vendite dei prodotti derivati dai cereali sono scesi tra luglio e agosto scorsi del 6,5 per cento.
Il prezzo della farina -avverte la Cia- è cresciuto tra il 10 e il 13 per cento proprio a causa di una pesante riduzione della produzione di grano registratasi in Australia e nel Nord America per il cattivo andamento climatico. Questo, però, non giustifica un aumento al consumo del pane che, in alcuni casi, supera addirittura il 50 per cento.
Analogo è il discorso per la pasta che -rileva la Cia- ha subito aumenti che si aggirano attorno al 30 per cento. Un "caro-prezzi" alimentato dagli speculatori e da chi oggi, sull'onda delle notizie che vengono dai mercati mondiali dei cereali, vuole fare unicamente il furbo.
Intanto, l'Ue -segnala la Cia- cerca di correre ai ripari e per le prossime semine pensa di aumentare le superfici destinate a cereali del 10 per cento.
Quello che sta avvenendo in questi giorni -secondo la Cia- danneggia sia i consumatori, costretti ad un preoccupante "salasso" per acquistare prodotti di prima necessità, sia gli agricoltori che vedono lievitare a dismisura, lungo tutta la filiera del campo alla tavola, il prezzo praticato alla produzione.
La Cia ricorda, inoltre, che in Italia il prezzo del grano è come quello praticato venti anni fa, quando era pari a 50 mila lire al quintale, mentre oggi è pari a 26 euro. Quindi, i rincari che si stanno registrando appaiono fuori luogo e totalmente ingiustificati.
Così i prezzi praticati sui campi -rileva la Cia- si "gonfiano" in maniera abnorme nei vari passaggi che portano alla vendita al dettaglio. E questo non avviene solo per pane e pasta. Si riscontra nell'ortofrutta e nel latte. Settori in cui nella filiera si possono avere rincari anche superiori al 900 per cento.
La fase della produzione è, di conseguenza, quella più finalizzata. L'andamento dei prezzi all'origine degli ultimi anni -conclude la Cia- lo dimostra chiaramente. Si è andata sempre più allargando la "forbice" tra i listini sui campi e quelli al consumo. Il paradosso è, comunque, quello che i nostri agricoltori vedono ridurre il livello dei loro prezzi e i consumatori costretti a pagare di più.