18 Luglio 2005
Prezzi: e ora le pesche sono in vendita a 0,30 euro al chilo. Così si disorienta il consumatore e si penalizza il produttore
Sul fronte dei prezzi c'è sempre più disorientamento per i consumatori e danno per i produttori agricoli. Un giorno si praticano, al dettaglio, listini da capogiro, un altro, praticamente, si svende il prodotto. E' il caso di un' iniziativa promozionale di una importante catena della grande distribuzione organizzata che pone questa settimana in vendita pesche gialle nei calibri centrali, all'incredibile prezzo di 0,30 euro al chilo.
A segnalarlo, con una certa sorpresa, è la Cia-Confederazione italiana dell'Emilia-Romagna per la quale un'iniziativa del genere risponde certamente agli appelli del mondo agricolo tesi a favorire un incremento dei consumi di frutta e verdura, così pericolosamente stagnanti, sottolineando, però, che c'è l'impressione che a questo pregevole obiettivo si contrapponga un tale disorientamento nel consumatore, tale da inficiare un approccio corretto e duraturo con il bancone dell'ortofrutta.
"Il giusto prezzo finale legato al valore qualitativo e nutrizionale, la trasparenza nella costruzione del prezzo, che veda una soddisfazione di tutti gli attori della filiera, il valore sociale della sperimentazione nei momenti di forte crisi, di filiere a prezzo contrattato con il supporto promozionale pubblico, sono -ha affermato il presidente della Cia dell'Emilia-Romagna Nazario Battelli- gli aspetti strategici per difendere e valorizzare l'ortofrutta italiana ed il suo sistema produttivo in questo momento così complesso, alla mercè della globalizzazione, della recessione economica e della scarsa competitività del Paese".
"Se questi aspetti vengono posti in secondo ordine -ha aggiunto Battelli- si può correre il rischio di comunicare la possibilità di acquisto di un prodotto di qualità alla metà del suo mero costo di produzione, allontanando il consumatore dai concetti di origine e stagionalità così importanti per una sana educazione alimentare e per una corretta promozione al consumo. Nello stesso tempo si continua a penalizzare il produttore che vede ridurre sempre di più il proprio reddito".