29 Gennaio 2021

Peperoncino: Cia Calabria, per tutela comparto subito la denominazione d'origine

#MadeinItaly #filiera #prezzi #qualità
Condividi

I prezzi stracciati dalla Cina schiacciano produzione Made in Italy

Quando si parla di gastronomia in Calabria, non si può fare a meno che pensare al peperoncino. Infatti nella cucina calabrese, in quasi tutti i piatti è presente. La nostra regione, oltre ad essere tra le prime per produzione nel Bel Paese, è quella che ne consuma di più. Ma nonostante tutto, la sola Calabria non basta a soddisfare la grande richiesta se si guarda oltre i confini regionali. Il peperoncino nostrano, per potere competere con gli altri produttori (Cina, Egitto e Turchia), necessita di una filiera di qualità superiore, innovativa e integrata. Questa bacca ottenuta da alcune varietà piccanti del genere di piante Capsicum, fino a poco tempo fa veniva coltivata per lo più negli orti di famiglia o nelle terrazze condominiali. Infatti, basti pensare che in Italia, da 10 kg di peperoncino fresco si ottiene 1 kg di prodotto essiccato, macinato in polvere pura al 100% e commerciabile a 15 euro, l’analogo prodotto dalla Cina ha un costo di soli 3 euro, ed è il risultato di tecniche di raccolta e trasformazione molto grossolane, con le quali la piantina viene interamente triturata -compresi picciolo, foglie, radici- con pochissime garanzie di qualità e requisiti fitosanitari ben diversi da quelli conformi ai regolamenti europei e anche quando il peperoncino viene importato fresco o semi-lavorato da Turchia o Egitto, la sua qualità viene compromessa dall’utilizzo di molti conservanti.

L’elevato costo di produzione del peperoncino in Italia, sia fresco sia trasformato in polvere, è dato, soprattutto, dall’incidenza della manodopera e da procedure di trasformazione altamente professionali, compresi macchinari per l’ozono per una perfetta essiccazione. Secondo Cia, occorre, dunque, una maggiore valorizzazione e tutela del prodotto che, grazie al microclima e alle caratteristiche orografiche del terreno, trova nel nostro Paese l’ambiente ideale per la sua coltivazione. La creazione di denominazioni di origine territoriale darebbe al consumatore garanzia di qualità, tracciabilità e salubrità e un valore aggiunto adeguato alla parte produttiva, incentivata ad aumentarne la coltivazione estensiva, localizzata perlopiù in Calabria (100 ettari, con il 25% della produzione), Basilicata, Campania, Lazio e Abruzzo. Si verrebbe, così, incontro alla domanda sempre crescente dell’industria alimentare, che produce sughi e salami piccanti, senza dimenticare l’export, con la richiesta per salse e condimenti delle grandi aziende del food, fra le quali spiccano quelle dei Paesi Bassi, che rappresentano attualmente la destinazione del 50% della produzione di peperoncino della Calabria.