07 Maggio 2011
Ogni italiano "perde" 300 ore l'anno per la burocrazia. Scoppia il caso sulle pensioni d'invalidità: un minimo di due anni per ottenere l'assegno
Il "pachiderma" della burocrazia batte il tentativo di modernizzazione uno a zero. A oltre un anno dall'avvio del processo di informatizzazione della Pubblica Amministrazione, i tempi e i costi per adempiere agli obblighi fiscali e previdenziali restano biblici. Ciascun italiano impiega oltre 300 ore l'anno, quasi un'ora al giorno, per districarsi nel labirinto di scadenze e pagamenti vari: domande di pensione, dichiarazioni dei redditi e Isee, richieste di disoccupazione, riconoscimento dell'invalidità, certificati e permessi. Una cifra che sale ancora di più se a disbrigare le pratiche burocratiche è un pensionato o uno straniero: in queste caso le ore diventano oltre 390 all'anno. Lo rileva uno studio del Patronato Inac, l'Istituto nazionale assistenza cittadini della Cia-Confederazione italiana agricoltori, presentato oggi in occasione della 5ª edizione di "Inac in piazza per te", l'appuntamento informativo che si tiene ogni anno in tutte le piazze d'Italia nel mese di maggio.
Nel confronto con gli altri Paesi europei, la burocrazia italiana non ci fa una bella figura. Contro le 300 ore annue dello Stivale "perse" in pratiche e richieste di certificazione -spiega l'Inac- la Gran Bretagna "sfoggia" 110 ore in media d'anno, la Francia 132, la Germania 196 e la Spagna 213.
Il risultato è che la burocrazia arriva a pesare in Italia per circa 70 miliardi di euro, con un'incidenza complessiva su imprese e famiglie pari al 4,5 per cento del Prodotto interno lordo. Una spesa enorme, soprattutto se si guarda al dato pro-capite: ogni anno i costi della macchina burocratica ammontano a 1.200 euro a cittadino tra timbri, comunicazioni, autorizzazioni e certificati.
Ma soldi e ritardi finiscono per incidere sulle categorie più fragili, come gli ammalati e gli anziani. Basta pensare alle attese interminabili per ottenere l'indennità di accompagnamento o la pensione d'invalidità civile. Che difatti quest'anno -insieme agli ammortizzatori sociali- rappresenta il tema "clou" dell'iniziativa del 7 maggio.
L'informatica avrebbe dovuto snellire la burocrazia, invece oggi per i cittadini che chiedono l'accertamento delle loro inabilità -osserva l'Inac della Cia- ottenere la certificazione e il conseguente accesso agli aiuti economici o un permesso dal lavoro per l'assistenza a un familiare è diventato un vero e proprio miraggio. I tempi d'attesa, quando va bene, si aggirano infatti intorno ai 2 anni. Ma ci sono anche malati che muoiono prima della definizione della loro domanda.
In un certo senso -continua l'Inac- la giusta battaglia per la scoperta dei falsi invalidi rischia di frenare anche l'iter di quelli veri. Le disposizioni dell'Inps per un generalizzato controllo superiore, che costringe gli invalidi a sottoporsi a una "via crucis" di visite e contro visite presso le Commissioni mediche - senza neppure rispettare il diritto di priorità dell'accertamento per quella fascia di popolazione colpita da gravissime patologie e per i malati oncologici - unita agli errori e ai ritardi telematici, sta creando disagi insostenibili a migliaia di persone. Per questo, oggi l'Inac torna a chiedere con forza tempi brevi e certi di definizione e soprattutto accertamenti sanitari equi che tengano conto dell'obiettivo status dell'invalido e non perseguano come unico obiettivo il risparmio della spesa pubblica.
Ma la giornata nazionale dell'Inac, sotto lo slogan "Lavoriamo insieme per un domani di certezze e diritti", guarda soprattutto alle fasce più deboli della popolazione, che sono poi quelle più in difficoltà di fronte al binomio burocrazia-informatica. Secondo lo studio del Patronato della Cia, infatti, oggi soltanto il 3 per cento degli "over 65" ha una buona dimestichezza nell'uso di internet. Un pò meglio fanno gli extracomunitari regolari che arrivano a circa un 15 per cento, ma molti sbagliano (non favoriti dalla lingua) la compilazione della modulistica proposta nei servizi del web. In questo contesto, si spiega perché circa il 30 per cento delle pratiche avviate online subisce blocchi o rallentamenti per banali errori o intoppi tecnici.
In loro aiuto arrivano, dunque, gli oltre 100 gazebo informativi allestiti dall'Inac in tutte le piazze d'Italia. Lo scopo della manifestazione, quest'anno come negli anni passati, è mettere a disposizione di tutti i cittadini le competenze su fisco e previdenza del personale qualificato del Patronato. Con un unico motto: "Voi fate le domande, noi vi diamo le risposte".
FOCUS – La burocrazia in agricoltura
Per le imprese del settore un costo di 4 miliardi di euro l'anno
E' di 7.200 mila euro l'anno l'"onere" burocratico che sostiene, mediamente, un'impresa agricola italiana. Il costo complessivo per il settore supera i 4 miliardi di euro l'anno, di cui più un miliardo addebitabile ai ritardi, ai disservizi e alle inefficienze della Pubblica Amministrazione. Tutto questo si traduce in un forte ostacolo alla crescita economica, con un'incidenza negativa notevole sull'occupazione e la competitività. É quanto emerge da uno studio della Cia-Confederazione italiana agricoltori, presentato in occasione della giornata nazionale "Inac in piazza per te".
Il costo degli adempimenti amministrativi diventa sempre più pesante. Basti pensare che l'intera imprenditoria italiana "paga" oltre 21 miliardi alla burocrazia e che ogni anno servono più di 100 giornate di lavoro per rispondere a tutti gli obblighi fiscali e contributivi. Un aspetto confermato anche da una recente indagine dell'Istat, dove si evidenzia che l'onere del rapporto azienda-macchina pubblica pesa per il 30 per cento sul costo complessivo del lavoro per i piccoli e medi imprenditori.
Non solo. La scarsa trasparenza e il linguaggio complesso e troppo spesso astruso continuano a rappresentare un intralcio notevole per le aziende. Una complessità in più a cui vanno aggiunti i ritardi nelle risposte e un'assistenza pressoché nulla da parte della Pa. Elementi che spingono la quasi totalità delle aziende agricole a rivolgersi a tecnici esperti per poter "interpretare" il mondo della burocrazia.
Nel dettaglio -spiega la Cia- l'ammontare delle spese burocratiche per le aziende è da addebitare per il 46 per cento a costi esterni e al restante 54 per cento a costi interni all'impresa.
"Abbiamo a che fare -afferma il presidente della Cia Giuseppe Politi- con un vero e proprio 'mostro' dai mille tentacoli che fiacca e sfinisce il sistema delle imprese. Ecco perché oggi la semplificazione amministrativa, lo snellimento delle procedure e la riduzione degli oneri burocratici rappresentano un'esigenza non più rinviabile per una società che deve crescere. Gli orientamenti dell'Europa vanno tutti in questa direzione, mentre l'Italia, purtroppo, è ancora di gran lunga indietro".
Per 9 agricoltori su 10 la burocrazia è un ostacolo
Più del 90 per cento degli imprenditori agricoli italiani denuncia ostacoli e difficoltà alla propria attività per colpa della burocrazia e chiede una semplificazione amministrativa e fiscale, ritenuta fattore indispensabile per lo sviluppo. Lo rivela un sondaggio effettuato dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori presso i propri iscritti a livello nazionale e territoriale.
Proprio a causa del carico burocratico, nel 2010 -spiega la Cia- il 34,3 per cento delle aziende agricole dello Stivale ha rinunciato ad assumere nuovo personale; il 25,5 per cento ha accantonato progetti di ammodernamento, innovazione e ricerca; il 21,5 per cento non ha compiuto alcun tipo di investimento; il 18,7 per cento è stato costretto a ridurre le coltivazioni. Inoltre, ogni mese le aziende agricole italiane hanno perso in media cinque o sei giornate di lavoro per lo svolgimento degli adempimenti amministrativi. Il 28 per cento -rileva l'indagine Cia- ha denunciato di aver dedicato dalle tre alle quattro giornate alla burocrazia, il 34 per cento dalle cinque alle sei giornate, il 38 per cento oltre le sei giornate.
Oltre il 18 per cento delle imprese agricole ha poi spiegato di valersi di una persona per lo svolgimento delle pratiche burocratiche richieste dalla Pa, mentre l'82 per cento si rivolge a patronati, Caf (Centri di assistenza fiscale), Caa (Centri di assistenza agricola) e professionisti esterni all'azienda. Comunque, più del 45 per cento delle imprese è stato costretto a dotarsi di strumenti informatici.
Sempre nel 2010 -annota la ricerca della Cia- più del 60 per cento delle imprese agricole ha visto crescere i costi per gli adempimenti amministrativi tra il 3 e il 4 per cento; il 15 per cento tra il 2 e il 3 per cento; il restante tra lo 0,5 e l'1,50 per cento. Il 65 per cento delle aziende ritiene comunque che, negli ultimi cinque anni, la burocrazia è andata aumentando in modo significativo.
La Cia sottolinea come il maggior onere che sopporta l'imprenditoria agricola italiana (94 per cento) è rappresentato dagli adempimenti "specifici" richiesti nel settore. Pesanti anche i costi dovuti al fisco (84 per cento) e alla sicurezza sul lavoro (75 per cento).
In più, per il 64 per cento delle aziende agricole neppure l'introduzione delle nuove tecnologie informatiche è riuscita a migliorare il rapporto con l'amministrazione pubblica. Un rapporto "compromesso" per il 58 per cento degli imprenditori a causa dell'aumento esponenziale delle scadenze burocratiche, con l'aggravante che molte pratiche vengono interpretate ed applicate in maniera diversa da regione a regione, da provincia a provincia e, addirittura, da comune a comune). Il 30 per cento delle aziende lamenta, poi, il fatto che si trova a confrontarsi da sola con l'apparato burocratico, che pecca nell'assistenza e nelle informazioni al pubblico.
Oltre al costo economico -conclude il sondaggio Cia- l'aspetto che più denunciano le imprese (72 per cento) è costituito dalle lungaggini e dai tempi "scandalosi" richiesti per una semplice pratica di carattere amministrativo, per la quale sarebbero sufficienti solo poche ore, se non minuti. Infine il 56 per cento degli agricoltori interpellati si è dichiarato disposto a nuovi investimenti di carattere produttivo e all'assunzione di manodopera se si procede con un "taglio" del 25 per cento al carico burocratico che oggi pesa sull'azienda.