Mais: Cia, serve rilancio, più ricerca e risorse per contratti di filiera
Il vicepresidente Passarini all’evento CREA su campagna maidicola 2022 e sfida nuova Pac
La redditività della filiera e le sfide della nuova Pac, al centro della Giornata del Mais 2023 promossa dal CREA Cerealicoltura e Colture Industriali e in corso a Bergamo con la partecipazione anche di Cia-Agricoltori Italiani, rappresentata all’incontro dal vicepresidente nazionale, Gianmichele Passarini.
Sul fronte Pac, così importante per la redditività della coltura, si apre, infatti, per il quinquennio 2023-27 una nuova stagione. Quindi, nuove regole, impegni aggiuntivi e pagamenti in contrazione che vedono per il mais un taglio del 40% dei pagamenti diretti. Dunque, l’importo del contributo si dimezzerà dagli attuali 360 €/ha a 180 €/ha, arrivando a 255 €/ha solo nel caso in cui si aderisse all'ecoschema. Da qui, gli interrogativi sulle conseguenze per gli agricoltori e i consumatori, oltre a un’ampia riflessione sulle prospettive, oggetto del dibattito organizzato dal CREA di Bergamo.
“In pochi anni, l’Italia ha perso circa il 50% delle superfici a mais, coltura base per la mangimistica e le eccellenze del nostro agroalimentare di qualità quali le DOP, le IGP ovvero un valore di 8 miliardi l’anno alla produzione e 16 miliardi al consumo. La Guerra in Ucraina, le difficoltà per l’import non possono non interrogarci su come aumentare e migliorare la produzione domestica di mais -ha detto il vicepresidente nazionale di Cia, Gian Michele Passarini, intervenuto all’evento. “Serve una strategia importante per il rilancio della coltura in Italia -ha continuato- a partire da forti investimenti in ricerca per migliorare rese e qualità. Vanno rafforzate e aumentate le risorse per i contratti di filiera tra agricoltura e industria mangimistica. Un plauso al CREA di Bergamo per il prezioso lavoro che svolge a sostegno di una coltura che resta alla base delle eccellenze dell’agroalimentare italiano”.
“Il mais è una delle colture che maggiormente risentono delle mutate condizioni imposte dal cambiamento climatico, e in particolare dei periodi siccitosi prolungati e delle carenze o costo elevato delle risorse idriche. Per questo motivo -è intervenuto Nicola Pecchioni, direttore CREA Cerealicoltura e Colture Industriali- il futuro della coltura nel nostro Paese, soprattutto quello del mais da granella, sarà sempre più legato alla vocazione dei territori, alla disponibilità della risorsa idrica e all’agricoltura di precisione”.
Nel dettaglio, la campagna maidicola 2022, rivela il calo delle superfici coltivate, scese al minimo storico di 564 mila ettari, e il pessimo andamento climatico dell’annata, caratterizzato da una siccità estiva senza precedenti che hanno ridotto la produzione italiana ad appena 4,7 milioni di tonnellate di mais da granella, ovvero alla stessa produzione del 1972, con gravi problemi di qualità del prodotto stesso. In base ai primi dati Istat, infatti, i rendimenti unitari sono crollati mediamente del 23%, scendendo da 10,3 t/ha a 8,3 t/ha, ma erano stati pari a 112 t/ha nel 2020, con cali di resa fino al -32% in Veneto e al -25% in Lombardia, tra le maggiori regioni maidicole, e punte del -43% a Rovigo e del -46% a Perugia.
L’andamento negativo ha coinvolto tutti i maggiori produttori europei di mais con un calo complessivo pari a 21 milioni di tonnellate nella sola Unione europea (-29%), con riduzioni che, tra i principali fornitori del mercato italiano, arrivano al 50% in Romania, al 57% in Ungheria e al 75% in Moldavia, mentre in Ucraina le ultime stime segnalano un calo superiore al 50%. Solo la Spagna, con 11,5 t/ha sia pure in calo dell’11%, presenta rese superiori a 10 t/ha, mentre la produzione è aumentata, grazie all’incremento delle superfici, soltanto in Polonia, +16%.
Ciò rende problematico l’approvvigionamento del mercato italiano che già nella campagna 2021/22, a fronte di una produzione nazionale di 6,1 milioni di tonnellate, ha fatto registrare un nuovo massimo storico nell’import netto con 6,3 milioni di tonnellate e oltre 1,7 miliardi di euro, con prezzi medi unitari all’importazione aumentati del 45% e stabilmente sopra i 300 euro per tonnellata a partire da aprile 2023. I prezzi internazionali, arrivati al massimo storico di 348 dollari per tonnellata ad aprile 2022, sono scesi intorno a 300 dollari a fine anno, ma rimangono comunque particolarmente elevati, come pure quelli nazionali che ne hanno seguito l’andamento. Questa situazione ha pesanti ripercussioni sul comparto mangimistico, in termini sia di costi che di approvvigionamento e, a cascata sull’intera filiera zootecnica, mentre i maiscoltori italiani, già penalizzati dallo scarso raccolto, devono fare i conti con l’aumento generale dei prezzi dei mezzi produttivi e, in particolare, di quelli relativi ai fertilizzanti azotati, condizionati dalla crisi del gas naturale e, conseguentemente, dai prezzi estremamente elevati dell’ammoniaca. (Fonte dati: ISTAT, EUROSTAT e World Bank).
Quanto agli sviluppi della ricerca, l’emergenza in termini di stress sia abiotici (siccità) che biotici (funghi e micotossine, in particolare aflatossine) che si è palesata nel 2022, andando a pregiudicare quantità e qualità della produzione di mais, ha reso evidente l’urgenza di migliorare la sostenibilità e la resilienza dei sistemi colturali maidicoli. I risultati del monitoraggio del contenuto di micotossine in granella condotto dalla Rete Qualità Mais, coordinata dal CREA Cerealicoltura e Colture Industriali di Bergamo, ha evidenziato che il 26% dei campioni analizzati presenta un contenuto in aflatossine superiore ai 20 µg/kg e il 65% con fumonisine maggiori di 4000 µg/kg. Lo sviluppo di resistenze e/o tolleranze agli stress passa necessariamente attraverso il miglioramento genetico e la scelta delle varietà più idonee a tali scopi. Ciò è reso possibile anche grazie al lavoro della Rete Nazionale di confronto varietale, che annualmente fornisce informazioni utili sulla base dei dati ottenuti puntualmente per supportare questa scelta.