13 Giugno 2012

La Cia di Brindisi interviene sugli incendi boschivi avvenuti nella provincia

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"Nei giorni scorsi due grossi incendi hanno distrutto parecchi ettari di lussureggiante macchia mediterranea sulle ultime frange della Murgia nei territori del comune di Ostuni.
Con l'avvento della stagione estiva e le alte temperature accompagnate da venti caldi di scirocco il rischio di incendi è maggiormente presente ma tale fenomeno diventa ancora più drammatico in presenza di sempre maggiori zone di terreni agricoli abbandonati e preda di erbe infestanti che fungono da facile presa per le fiamme". Lo ha sostenuto il presidente della Cia di Brindisi Luigi D'Amico.
"Il completo abbandono o comunque la mancata disponibilità economica per consentire la necessaria prevenzione di tali fenomeni incendiari da parte dei proprietari o conduttori di terreni agricoli, con la pulizia dei muri di confine, dei canali e delle zone marginali improduttive, da erbe infestanti e rovi, consentono –ha affermato- un facile propagarsi delle fiamme con la relativa distruzione di habitat naturali, come la macchia mediterranea, o anche la distruzione di piante di ulivi monumentali".
"Le zone collinari del territorio di Ostuni, come le zone marginali dell'intera provincia di Brindisi, erano presidiate in un recente passato da aziende zootecniche che con il pascolamento e la coltivazione di zone di territorio per la produzione di foraggere per l'alimentazione sempre del bestiame, consentivano un controllo del territorio medesimo fungendo da veri e propri custodi, ed il tutto a costo zero per la collettività. I prezzi ridicoli delle produzioni zootecniche e l'invasione del mercato di carni e prodotti caseari provenienti da paesi sia comunitari che extra comunitari, hanno fatto chiudere -ha aggiunto D'Amico- la stragrande maggioranza di tali aziende con il completo abbandono di grosse superfici di terreni".
"Con molta superficialità e nella più totale indifferenza si è ritenuto da parte della classe politica -ha rimarcato il presidente della Cia di Brindisi- di poter fare a meno di questo patrimonio zootecnico e dei relativi imprenditori con le conseguenze sotto gli occhi di tutti noi e con gli enormi costi a carico di tutta la collettività per la difesa di queste zone di territorio".
"Sarebbe opportuno considerare la possibilità di un reinserimento di razze autoctone per produzioni di qualità e conservazioni di specie in via di estinzione e habitat naturali irricreabili, con la possibilità agli operatori zootecnici di valorizzare tali produzioni in contesti di filiera corta e di promozione del territorio con a fianco gli enti locali. Forse -ha concluso D'Amico- un progetto ambizioso ma servirebbe a salvare dall'estinzione animali, paesaggi rurali ed allevatori, per consentire la vera salvaguardia del territorio agrario e la garanzia di prodotti di qualità garantiti e certificati".