11 Gennaio 2006

Grano contaminato: le importazioni selvagge non garantiscono qualità. Tagliano i prezzi del nostro prodotto e i redditi degli agricoltori italiani

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"La vicenda del grano contaminato mette in evidenza tutti i gravi problemi che oggi affliggono i produttori italiani che operano tra grandissime difficoltà, alle prese con prezzi stracciati, redditi in continuo e preoccupante calo, importazioni massicce, selvagge e incontrollate dall'estero". A rilevarlo è il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi per il quale il settore rischia il tracollo, con conseguenze pesantissime soprattutto per le zone vocate.
"L'industria di trasformazione da tempo fa ricorso ad acquisti di grano duro sempre più massicci sui mercati internazionali, mentre -afferma Politi- gran parte del nostro prodotto, garante di qualità e salubrità, è invenduto o collocato a prezzi ridottissimi. Addirittura il 30-40 per cento rispetto alla scorsa campagna di commercializzazione. Sono danni facilmente immaginabili".
"Si assiste così -aggiunge il presidente della Cia- ad un import record, da parte delle maggiori industrie di trasformazione, di ingenti quantitativi di prodotto dal mercato internazionale (Usa, Canada, Australia), mentre continua a non esserci una seria campagna di ritiri del prodotto nazionale. Un aspetto questo che giudichiamo in maniera negativa, denunciando anche l'esistenza d'azioni commercialmente speculative per condizionare il mercato con il riconoscimento di bassi prezzi ai produttori agricoli italiani. Non a caso, come Cia avevamo chiesto al governo l'apertura urgente di un Tavolo di concertazione per evitare il perdurare di una preoccupante situazione nei rapporti di filiera e dall'esito incerto sugli sbocchi di mercato".
"Abbiamo sempre sostenuto anche -afferma Politi- che nel nostro Paese c'è disponibilità di prodotto di qualità medio-alta per soddisfare adeguatamente le esigenze produttive dell'industria di trasformazione. Evidentemente gli utilizzatori della produzione, considerate le difficoltà produttive sul mercato interno e, in particolare, le condizioni favorevoli a ricorrere sul mercato internazionale, preferiscono importare quantitativi di prodotto estero".
"E', quindi, opportuno che anche l'industria di trasformazione faccia sino in fondo la sua parte, dando la giusta valorizzazione commerciale al prodotto. In tale modo -avverte il presidente della Cia- si eviterebbero situazioni come quella del grano contaminato all'ocratossina, una sostanza fortemente cancerogena, e importazioni di prodotto la cui qualità è scadente. In tal modo si garantirebbero soprattutto i consumatori".
"Indubbiamente -dice Politi- Il ruolo dell'industria di trasformazione è importante e dalle sue scelte di mercato dipende il mantenimento della produzione del grano duro in Italia. Ed è per tale motivo che, specie nel momento di applicazione della nuova Pac, vanno resi più proficui i rapporti nella filiera. Altrimenti, la già confusa e precaria situazione rischia di divenire veramente esplosiva".
"L'obiettivo di mantenere la produzione di grano duro nelle zone vocate del nostro Paese, prive, peraltro, di valide alternative colturali, è per noi irrinunciabile. Non è possibile penalizzare ancora una volta i produttori italiani che -conclude il presidente della Cia- hanno già subito una forte riduzione del proprio reddito. Non si può pensare di scaricare sui nostri agricoltori le difficoltà del mercato in mancanza di una politica adeguata di sostegno del settore primario, al contrario di quanto fanno gli altri paesi non europei".