Fisco, Caf-Cia: deducibilità contributi, aziende agricole discriminate
Ingiusta e gravosa disparità di trattamento per le imprese familiari
Non sono deducibili i contributi previdenziali versati all’Inps dai titolari di impresa familiare di agricoltura in favore dei collaboratori-coadiutori e da questi rimborsati al titolare dell’impresa. E’ quanto afferma l’Agenzia delle Entrate con una recente circolare, in cui evidenzia l’impossibilità della deduzione per assenza di una precisa disciplina del diritto di rivalsa rivolta alle imprese agricole (ma esistente per tutti gli altri tipi di impresa). Lo segnala il Caf di Cia-Agricoltori Italiani.
“Ricordiamo che in tema di previdenza, nel settore agricolo, coesistono le seguenti due figure: imprenditore agricolo che versa i contributi previdenziali per proprio conto; coltivatore diretto che può versare i contributi per sé stesso, oppure, in presenza di collaboratori familiari, procede al pagamento in nome proprio anche per i coadiuvanti -spiega il presidente del Caf-Cia, Alessandro Mastrocinque-. Tale ultima figura, il coltivatore diretto, titolare dell'azienda (titolare della posizione diretto -coltivatrice) è tenuto al versamento di tutta la contribuzione dovuta dalle ‘unità attive’ presenti, e quindi sia dei contributi relativi alla propria personale posizione assicurativa (sempre che egli stesso sia una ‘unità attiva’), sia e comunque dei contributi relativi alle altre ‘unità attive’ componenti il nucleo familiare”.
Le regole attuali dunque, continua Mastrocinque, “non consentono il riconoscimento della deducibilità Irpef di tali contributi, sia da parte dell'imprenditore agricolo che del familiare. La politica e il Mef, ad oggi, non hanno voluto colmare questo vuoto normativo, e l’Agenzia non ha voluto dare un’interpretazione analogica (rispetto al trattamento riservato alle altre categorie di impresa). Ne consegue che le aziende agricole sono trattate in maniera oggettivamente difforme alle altre categorie di impresa, con un’evidente difformità di trattamento non compatibile con le regole alla base dello stesso. Il Caf-Cia non può che attenersi alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, ma evidenzia in maniera chiara che ciò, per gli imprenditori agricoli, rappresenta una ingiusta e gravosa disparità di trattamento fiscale”.