05 Luglio 2011

Crisi economica e ripercussioni del "batterio killer": numerose aziende padovane e venete costrette a chiudere e lasciare a casa decine di lavoratori

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Non bastasse la grande crisi economica generale, che continua a soffocare la capacità di fare impresa di molte aziende agricole padovane anche a causa dell'aumento dei costi di produzione e del caro-gasolio, si aggiunge in questi giorni la psicosi da batterio killer: questi tre fattori insieme concorrono al fallimento di molte aziende agricole ortofrutticole non solo padovane, ma anche venete e italiane. Il grido d'allarme arriva dalla Confederazione italiana agricoltori di Padova, i cui vertici sottolineano l'esigenza che sul problema del batterio Escherichia Coli sui cetrioli e altri ortaggi l'Ue faccia al più presto chiarezza e faccia partire i risarcimenti alle aziende del settore, "perché inutili allarmismi stanno costringendo molte aziende, anche di grandi dimensioni, a buttare via quintali di prodotto fresco con pesanti conseguenze sulla sicurezza lavorativa dei loro dipendenti" dice Claudio D'Ascanio, presidente della Cia di Padova.
L'allarme dell'associazione padovana è più che giustificato. Nella sola mattinata di oggi, la sede della Cia è stata presa d'assalto da decine di telefonate di imprenditori in ginocchio. Fra i numerosi casi, salta agli occhi l'esempio di un colosso del settore produttivo e di vendita all'ingrosso del Padovano, produttore di zucchine. L'imprenditore, che per motivi di tutela preferisce rimanere anonimo, denuncia come i costi di produzione siano aumentati nell'ultimo anno del 12 per cento. L'azienda commercializza zucchine con 18 supermercati e altri 18 punti vendita sparsi su tutto il Nord Italia, da Genova a Udine, fino a Firenze ed ovviamente anche a Padova. "Quest'azienda -interviene il direttore della Cia di Padova Maurizio Antonini- commercializza ogni giorno circa 230-250 quintali di zucchine, il cui costo di produzione è di 50 centesimi al kg, per poi venderle a 10 centesimi. Sta perdendo dai 2000 ai 3000 euro al giorno, per un totale di circa 90.000 euro al mese". Il prodotto dovrebbe essere venduto entro 2-3 giorni dalla raccolta, ma la minor richiesta fa sì che il prodotto resti nelle celle frigo.
Le ripercussioni colpiscono i dipendenti, visto che nel mese di giugno l'azienda in questione ha operato una decurtazione del 10 per cento dagli stipendi dei 48 lavoratori, in accordo con gli stessi. Si tratta di 3 dipendenti fissi, due part time e 43 stagionali. L'azienda lavorerà a pieno regime ancora per qualche giorno, poi lavorerà solo sull'ordinato. Ciò significa che l'orario di lavoro sarà ridotto ad un paio di ore al giorno.
Alla fine di luglio chiuderà per un mese, nella speranza che le cose tornino a posto. Se ciò avvenisse ai lavoratori, a fine anno, verrà restituito il 10 per cento decurtatogli."Come quest'azienda ci sono anche molti altri casi del comparto ortofrutticolo in forte crisi sia a Padova che in tutta Italia -dice Claudio D'Ascanio, presidente della Cia padovana-. Si stima che chiuderà il 40 per cento delle aziende italiane del settore, con un duro colpo per tutte le produzioni, dalla zucchina al pomodoro al cetriolo, sino alle fragole e ai peperoni. Sicuramente c'è stata una sottovalutazione dell'impatto commerciale e consumistico causato dalla crisi e dal batterio E-coli. Lo Stato italiano e l'Ue devono prendere in mano la situazione al più presto: il Parlamento europeo oggi 5 luglio voterà, in Assemblea plenaria a Strasburgo, una proposta perrestituire all'Italiaquasi 572 milioni di euro. Perché non utilizzare queste risorse per fronteggiare alcune gravi emergenze per l'agricoltura, a partire da quella di sanare i danni provocati dall'E-coli ai produttori ortofrutticoli?".
Per la Cia rischia di pagare il "made in Italy", visto che la Germania ha praticamente messo al bando i prodotti orticoli freschi e le nostre esportazioni del settore ammontano a circa 500 milioni di euro. E' importante non abbassare la guardia e tenere, invece, molto alta l'attenzione, evitando -avverte la Cia- pericolose psicosi. "Il pericolo, infatti, è che l'intero comparto orticolo -dice D'Ascanio- subisca effetti deleteri sia da un calo dei consumi, generato da paure infondate, che da blocchi delle importazioni che già si stanno registrando in vari paesi del Nord Europa".
A tal proposito la Cia ricorda che gli agricoltori italiani e padovani lavorano con grande serietà e producono all'insegna della sicurezza alimentare: "Oltretutto, le nostre produzioni di ortofrutta vengono sottoposte a capillari controlli e sulle tavole arrivano prodotti genuini, di qualità e sicuri", assicura Claudio D'Ascanio.