21 Novembre 2003

Con 402,12 euro il mese non si vive: i pensionati coltivatori chiedono un immediato aumento del trattamento minimo

Condividi


Sit-in davanti al Parlamento e grande manifestazione il 25 novembre a Roma



Si può vivere con una pensione di 402,12 euro il mese? Certamente no. E' una cifra ben al di sotto della stessa soglia di povertà fissata in 488 euro mensili e di poco superiore alla pensione sociale di 358,99. Siamo in presenza di una pensione da fame che costringe centinaia di pensionati agricoltori a vivere al limite della sussistenza, costretti a continuare a lavorare la propria terra per soddisfare i bisogni primari. E' un'assurdità, un'ingiustizia sociale che va al più presto corretta. La denuncia è venuta dall'Associazione nazionale pensionati della Cia-Confederazione italiana agricoltori che ha promosso una grande mobilitazione sul territorio nazionale per richiamare l'attenzione delle istituzioni e della società sulla difficile condizione degli anziani che vivono e operano nelle campagne, nelle zone rurali.
Mobilitazione che è sfociata in due giorni di sit-in (ieri e oggi) a Roma davanti alla Camera dei Deputati in piazza Montecitorio, in una serie di incontri con tutti i gruppi parlamentari e in una grande manifestazione che si terrà sempre nella capitale il prossimo 25 novembre. Iniziative precedute da più di cento assemblee e incontri che si sono svolti in tutte le province italiane. "Vogliamo -sostengono all'Associazione pensionati della Cia- parità dei diritti. Occorre costruire un nuovo Stato sociale nelle campagne e garantire agli anziani, oltre ad una pensione dignitosa, servizi (ospedali, trasporti, uffici postali, centri di assistenza) efficaci e tempestivi"
D'altronde, chi oggi vive nelle zone rurali -è stato spiegato in una conferenza stampa del presidente della Cia Massimo Pacetti e del presidente dell'Associazione nazionale pensionati Mario Pretolani- deve far i conti con strutture e servizi pubblici insufficienti, ma soprattutto percepiscono una pensione irrisoria rispetto alle esigenze della vita moderna. Basta un dato: se si tolgono le spese per le bollette della luce, del gas, del telefono, ad un pensionato coltivatore restano praticamente le briciole. Quindi, è costretto a continuare a restare nell'azienda agricola e a lavorare per poter arrotondare il suo basso trattamento pensionistico.
"Chiediamo -ha affermato il presidente della Cia- un incremento del trattamento delle pensioni minime dei coltivatori pari almeno a quello che hanno percepito da tempo le altre categorie: 525 euro mensili. E' un atto di giustizia sociale nei confronti di una categoria che ha speso una vita nel duro lavoro nelle campagne e che oggi continua la propria attività per sopravvivere. Certo con 402,12 euro al mese si fa molto, molto poco".
"D'altra parte, come Cia, avanzando le nostre proposte nel contesto della riforma generale delle pensioni oggi in discussione, abbiamo rilevato che non si può predisporre una riforma qualsiasi, ma deve avere la capacità di essere ad ampio raggio, supportata da un progetto preciso di Stato sociale e deve cogliere le opportunità, nonché attenuare i rischi che la nostra società globale presenta.
E' vero che c'è la necessità di costruire un sistema che tuteli i lavoratori stabilizzati, ma è altrettanto vero che occorre salvaguardare le fasce più deboli, i giovani, le donne, gli immigrati che insieme sono un pezzo crescente del mercato del lavoro. Insomma, un sistema previdenziale capace di assicurare i diritti di tutte le generazioni e di tutta la società. Pertanto, anche i pensionati agricoltori".
"Con la nostra mobilitazione -ha detto il presidente dell'Associazione nazionale pensionati- si vuole valorizzare l'anziano nella società moderna e cercare di costruire un nuovo stato sociale nelle campagne. Insomma, un sistema pensionistico valido ed equilibrato, ma anche servizi validi per chi vive ed opera nel territorio rurale".
"I sit-in a Roma davanti al Parlamento e la grande manifestazione del 25 novembre -ha aggiunto Pretolani- vogliono essere un momento forte per sollecitare il Parlamento ad adottare una serie di misure che permettano ai pensionati agricoltori una vita dignitosa. Misure e interventi che in questi giorni abbiamo sottoposto ai vari gruppi parlamentari durante gli incontri avuti con l'Associazione nazionale pensionati. Siamo fermamente convinti che il nostro scopo primario è quello di tutelare i diritti dei più deboli, di coloro dei quali l'attuale politica sembra troppo spesso dimenticarsi".
L'Associazione nazionale pensionati della Cia sollecita, inoltre, la rivalutazione dei contributi versati, l'adeguamento degli assegni al nucleo familiare, il recupero dei contributi figurativi e dei periodi di maternità pregressa. Nello stesso tempo occorre riesaminare il sistema previdenziale dei coltivatori. La gestione del Fondo ha bisogno di interventi radicali per evitare contraccolpi negativi per l'intera categoria. D'altronde, in questi anni l'economia italiana ha subito una radicale trasformazione, passando da agricola ad industriale e questo ha determinato un invecchiamento della popolazione che vive e opera nelle zone rurali.


Le richieste dell'Anp-Cia


1. Riesame del sistema previdenziale dei coltivatori. La gestione del Fondo ha bisogno di interventi radicali.
2. Aumento del trattamento minimo delle pensioni dei coltivatori, modificando i meccanismi che impediscono di realizzare l'adeguamento a 525 euro.
3. Rivalutazione dei contributi versati per poter migliorare le pensioni liquidate prima del primo gennaio 2001.
4. Adeguamento degli assegni al nucleo familiare dei lavoratori autonomi parificandoli a quelli dei dipendenti.
5. Rendere possibile il recupero dei contributi figurativi alle coltivatrici oltre le 104 giornate, al fine di assicurare la copertura piena dell'anno contributivo.
6. Recuperare i periodi di maternità pregressa, riconosciuta per le lavoratrici dipendenti ma non per le autonome.
7. Garantire servizi efficienti per gli anziani nelle zone rurali.
8. Adeguare le risorse per una valida assistenza sociale, soprattutto per i più deboli.