Agricoltura italiana a rischio con climate change
Entro il 2020 fragilità idrogeologica potrebbe provocare perdita produttiva di 38 mln rispetto a 2010
E' allarme per l'agricoltura europea dopo la pubblicazione di due importanti studi sul climate change: un documento del Joint Research Center dell’Unione Europea e il rapporto dell’Agenzia Ue per l’Ambiente (Eea) “Adattamento ai cambiamenti climatici nel settore agricolo in Europa - Climate change adaptation in the agricultural sector in Europe”. I due studi -come riportato da Terra e Vita- evidenziano quanto il pericolo idrogeologico causato dalle precipitazioni violente possa causare conseguenze idrogeologiche maggiori nelle regioni mediterranee e alpine piuttosto che nel Nord Europa.
Dunque, l'Italia è una delle regioni europee più esposte. Si calcola che nel 2020 la fragilità idrogeologica potrebbe portare ad una contrazione della produzione agricola superiore allo 0,5% con una perdita produttiva pari a 38 milioni di euro rispetto al 2010.
In base ai dati Ispra, le frane sono infatti circa 620.000 e interessano il 7,9% della Penisola; tale percentuale sale al 16,6% (il 100% dei territori di Valle D'Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria), se si aggiungono le aree a pericolosità idraulica media; più di cinque milioni di persone e circa 79.000 aziende operano in aree ad elevato rischio frana, mentre circa 9 milioni di persone e 576.000 imprese si trovano in aree a rischio alluvionale.
Conseguentemente, gli scenari delineati dai report indicano per l’Europa meridionale, un calo dei redditi agricoli fino al 16% entro il 2050, l’aumento della domanda d’acqua per l’irrigazione dal 4 al 18%, la svalutazione dei terreni coltivabili fino all’80% (entro il 2100); l’elevarsi della linea equatoriale potrebbe contestualmente far crescere il valore dei terreni nell’Europa settentrionale. Secondo lo studio Eea, con i cambiamenti climatici l’Italia potrebbe subire la maggiore perdita di valore dei terreni agricoli in Europa: fra il 34% ed il 60% cioè dai 58 ai 120 miliardi di euro, entro il 2100.
"Sarà questo, uno dei temi al centro del meeting E.U.W.M.A., cioè l’organismo europeo fra associazioni di Consorzi di bonifica e irrigazione, in calendario, quest’anno, a York nel Regno Unito - precisa al settimanale agricolo il presidente dell'Anbi Francesco Vincenzi – anche lì insisteremo con la strategia delineata attraverso la creazione di Irrigants d’Europe: affermare la fondamentale funzione produttiva e ambientale dell’irrigazione per i Paesi del Mediterraneo".