16 Gennaio 2007

Clima: energie rinnovabili, biologico, meno chimica, forestazione. Così l'agricoltura può contribuire ad abbattere l'"effetto-serra"

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La Cia sottolinea l'esigenza di un'azione realmente incisiva che permetta di sfruttare al meglio le opportunità offerte dal mondo agricolo per dare il suo apporto ad assorbire la CO2 prodotta da altri settori produttivi. Predisporre un Piano efficace per sviluppare le agroenergie. L'importanza della multifunzionalità dell'azienda agricola.

L'agricoltura italiana, specialmente se condotta correttamente dal punto di vista ambientale, può ridurre le sue emissioni in atmosfera e contribuire ad assorbire la CO2 prodotta da altri settori. Ciò può avvenire attraverso una diffusione delle produzioni biologiche che, riducendo l'uso dei fertilizzanti e pesticidi chimici, abbattono le emissioni dal 10 al 50 per cento, la diminuzione delle lavorazioni superficiali del terreno, la fornitura di biomassa per finalità energetiche in sostituzione delle fonti fossili. E' quanto rileva la Cia-Confederazione italiana agricoltori davanti ai cambiamenti climatici che sempre più hanno riflessi sulla nostra vita quotidiana, sul sistema economico, sui cicli del mondo agricolo.
Insomma, l'agricoltura, sebbene partecipi in misura ridotta alla emissione dei gas-serra (secondo i dati forniti con la metodologia dell'Intergovernamental panel for climate change, il settore incide per il 5,4 per cento delle emissioni di CO2 ed il comparto forestale è addirittura responsabile attivo di un assorbimento di CO2 pari al 5,8 per cento delle emissioni dello stesso gas; per avere un ordine di grandezza: mezzo ettaro di bosco assorbe le emissioni prodotte da un autoveicolo per il periodo di vita del conducente), rappresenta -afferma la Cia- una chiave di volta per contrastare il degrado ambientale e soprattutto per combattere l'inquinamento del clima.
Oggi finalmente sembra che si registri una larga condivisione sulla grande opportunità offerta dall'agricoltura come riduttore di emissioni di gas-serra. A tal proposito la Cia ricorda il recente accordo quadro di filiera firmato presso il ministero delle Politiche agricole per produrre 70.000 tonnellate di biodiesel da 70.000 ettari coltivati a colza e girasole e la Finanziaria 2007 che ha impostato un programma organico per la utilizzazione dei biocarburanti e sembra volere finalmente destinare gli interventi unicamente alle fonti rinnovabili, escludendo quelle impropriamente assimilate alle rinnovabili che hanno sottratto sino ad oggi una grande porzione dei finanziamenti.
Dunque, la Cia, consapevole del rischio che corre il nostro Paese di non poter o sapere rispettare gli obblighi imposti dal Protocollo di Kyoto e, quindi, di essere obbligato al pagamento di multe che lo stesso ministro dell'Ambiente arriva a quantificare in diversi miliardi di euro, ritiene urgente la predisposizione di un vero Piano di sviluppo delle energie rinnovabili in agricoltura che preveda finanziamenti a quei produttori agricoli che possano produrre bioenergie o partecipare alla gestione di impianti di microcogenerazione da 1 e 2 megawatt. Ciò, oltretutto, darebbe uno sbocco significativo alla multifunzionalità come nuova opportunità del settore primario.
Tuttavia, la complessità della materia e la sua stretta interconnessione con altre problematiche (desertificazione, effetto serra, penuria idrica, salvaguardia della biodiversità, diffusione degli incendi) impongono preliminarmente, a giudizio della Cia, un approfondimento, che, tra l'altro, faccia un bilancio tra i costi degli interventi del Piano complessivo e i costi ambientali che il Paese sarebbe costretto ad affrontare per il suo disimpegno in questo campo.
Da tempo la Cia sostiene e si batte perché sia riconosciuto il ruolo essenziale (già assunto dalla Convenzione Onu sui cambiamenti climatici e dal Protocollo di Kyoto) che possono avere le modalità di gestione dei suoli agricoli e delle foreste nelle strategie di mitigazione dell'effetto serra, primo responsabile dell'aumento medio della temperatura atmosferica. Rivendicazione, sempre più largamente supportata da autorevoli studi e ricerche scientifiche, che assume maggiore consistenza all'indomani della recente comunicazione della Commissione europea al Consiglio in materia energetica, che fissa l'obiettivo di coprire entro il 2020 almeno il 20 per cento del fabbisogno dell'Ue con le energie rinnovabili e il 10 per cento del consumo nei trasporti con i biocarburanti.
Un' imposizione che deve valere e può essere proficua in modo particolare nella situazione italiana, nella quale, da una parte si registra negli ultimi anni addirittura una diminuzione percentuale della porzione di fabbisogno energetico coperto dalle fonti rinnovabili, con conseguente aumento delle emissioni e, dall'altra -fa notare la Cia- dal fatto che un possibile aumento medio della temperatura penalizzerebbe maggiormente i nostri agricoltori piuttosto che quelli dei paesi dell'Europa continentale sia per il rischio di un maggiore sviluppo di parassiti, sia per la modifica del microclima che interferisce con il ciclo vegetazionale.
Ecco, pertanto, l'importanza -conclude la Cia- che assume il settore primario ilo quale si viene a trovare in una posizione di punta per il raggiungimento degli impegni di riduzione delle emissioni stabilite dal Protocollo di Kyoto.