11 Aprile 2025

Cia Veneto: stop a coltivazione canapa per decreto, in crisi un centinaio di produttori

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Stop alla coltivazione di canapa per decreto, Cia Veneto si appella all’assessore regionale all’agricoltura, Federico Caner, affinché promuova subito un confronto tra Governo e Regioni.

Lo scorso 4 aprile il Consiglio dei Ministri ha adottato il Dl Sicurezza, ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale: segna una netta inversione di rotta in merito alla coltivazione e alla commercializzazione del fiore di canapa industriale; le nuove norme mirano a limitare fortemente l'uso delle infiorescenze, anche nei casi in cui derivino da varietà legali e basso contenuto di THC.

“Nella nostra Regione -sottolinea il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini, in una missiva indirizzata a Caner - sono un centinaio gli agricoltori, in larga parte giovani, che coltivano canapa da fiore a basso livello di THC; a motivo di tale provvedimento rischiano di dover chiudere la propria attività con conseguenti pesanti ricadute sociali, ambientali e di presidio del territorio. Chiediamo l’urgente avvio di un confronto con l’esecutivo centrale perché si favorisca un percorso partecipato e condiviso, pure con gli operatori del settore”. 

Secondo una stima di Cia Veneto, la filiera vale oltre 30 milioni all’anno a livello regionale. “Un comparto di nicchia -aggiunge Passarini- ma dalle enormi potenzialità ancora in parte inesplorate”. Pesantissime le ricadute su filiere agroindustriali di eccellenza come, ad esempio, la cosmesi, gli integratori alimentari e l’erboristeria, che “naturalmente nulla hanno a che spartire con sostanze stupefacenti illegali”.

“I produttori hanno sempre rispettato le regole che informano tale specifica coltivazione. Nonostante un’oggettiva situazione di difficoltà e carenze legislative, ha, o meglio aveva, avvicinato diversi under 40, dando spazio a nuove figure professionali, innovative e altamente specializzate”, aggiunge. Nell’ultimo decennio diverse aziende, alla luce dei riscontri più che positivi del mercato estero (viene esportato il 60% del prodotto), hanno investito centinaia di migliaia di euro su nuovi macchinari. Ora, però, tali attrezzature di fatto diventeranno inutilizzabili. “Questi imprenditori saranno costretti loro malgrado a ripartire da zero a causa di una legge che impedisce loro di lavorare, pur se nel pieno rispetto dei protocolli -conclude Passarini-. L’obiettivo comune rimane la valorizzazione di un prodotto che è alla base di filiere di eccellenza del Made in Italy agroindustriale”.