Cia Treviso: viticoltura territorio punta su certificazioni sostenibilità
L'indagine con Nomisma-Valoritalia: il territorio e l’origine sono ancora il primo parametro di scelta del consumatore e dei monopoli esteri. Nei prossimi tre anni in crescita i driver di acquisto green
Nel consumatore italiano e nei grandi monopoli del vino internazionali cresce la sensibilità verso i ‘vini sostenibili’ e la sostenibilità sarà un concetto sempre più centrale nel prossimo futuro che corrisponderà a una premialità del mercato, con oggi i fattori green determinanti per il 10% nella scelta del consumatore nei prossimi tre anni in crescita con i vini biologici al 20% e i vini sostenibili al 18% (Fonte Survey Nomisma Wine Monitor 2022).
Cia-Agricoltori Italiani Treviso con Nomisma e Valoritalia individuano nelle certificazioni di sostenibilità (SQNPI, VIVA ed Equalitas) gli strumenti imprescindibili per le aziende vitivinicole, con i mercati, la sostenibilità e sistemi territoriali quali fattori che dovranno essere sempre più interconnessi per garantire il valore della viticoltura veneta e italiana. Le aziende agricole hanno un percorso verso nuovi parametri di sostenibilità in relazione ai parametri individuati dalle politiche europee quali il Green Deal Europeo, che ha come obiettivo la riduzione e la mitigazione dell’impatto ambientale con la neutralità climatica entro il 2050 e la From Farm to Fork che prevede entro il 2030 la riduzione del 50% dell’uso agrofarmaci e del 20% dei fertilizzanti, con una superficie biologica pari al 25% della superficie vitata SAU complessiva.
"Le tematiche della sostenibilità, ambientale ed economica di primaria importanza nell’attività di Cia Treviso, ricordo il lungimirante sostegno all’adozione della certificazione SQNPI, inizialmente vista con sospetto dal mondo produttivo e oggi ritenuta quasi un prerequisito della sostenibilità ambientale. I mercati e il consumatore sono sempre più complessi ed esigenti, rapidi nei cambiamenti, e sempre più attenti alla sostenibilità del prodotto. Saper comprendere queste dinamiche e anticipare le richieste ci permetterà di dirigere i nostri sforzi in direzioni specifiche rendendo più efficiente il nostro lavoro -spiega Salvatore Feletti, presidente Cia Treviso-. La sostenibilità è aspetto è di fondamentale importanza per i produttori in quanto lavoriamo e viviamo in connessione con l’ambiente ed è quindi un nostro dovere tutelarlo e rispettarlo. Con il nostro ruolo e impegno evitiamo che molte aree del nostro paese rischierebbero l’abbandono e tutti sappiamo come la mancanza del presidio dell’uomo, e in particolare dell’agricoltore, sia causa di innumerevoli problemi di dissesto idrogeologico ed economico nei territori".
L’export vino italiano, secondo i dati di Wine Monitor Nomisma, ha raggiunto quota 7,8 miliardi di euro nel 2022, con un +10,1% rispetto al 2021, seconda solo alla Francia che raggiunge i 12,3 miliardi di euro, mentre il terzo esportatore è la Spagna con 3 miliardi di euro.
Aumenta il valore dell’export del vino italiano nel 2022, rispetto al 2021, con un calo dei volumi in molti paesi principalmente dovuto all’inflazione e allo switch dei canali di distribuzione dalla GDO a Horeca, spiega Denis Pantini, responsabile agroalimentare Nomisma. Ci sino mercati dove è cresciuto sia il valore che e volume con il Giappone a + 22,9% di valore e +8,9% di volumi, Regno Unito con +22,1% di valore e un calo dell’1,6% di volume, Francia con + 20,2% di valore + 3,4% di volume e nei mercati oltre oceano gli Stati Uniti con +17,1% di valore e + 3,3% di volume e Canada con +13,7% di valore e un -0,3% di volume. In calo invece l’export in Cina, -4,3% di valore e -20,6% di volume, e in Germania con -4,8% di valore e -9,3% di volume.
Consumo interno regista due trend diversi, con la GDO in leggero calo con 2,2 miliardi di euro dei vini fermi e frizzanti e 707 milioni (7,62 milioni di ettolitri), con tutte le categoria di vini hanno subito calo nel 2022 sulla GDO italiana con un -6,4% di volumi e -1,8% di valore, mentre in crescita il consumo nel canale Horeca con un fatturato di 89,7 miliardi di euro raggiungendo i livelli pre-pandemici. Fattore determinante il ritorno turisti stranieri con ripresa degli arrivi dall’esterno pari 50,5 milioni di arrivi nel 2022, +88% rispetto al 2021, non ancora ai livelli pre-pandemia con il 2019 pari a 65 milioni di arrivi. Tutte le categoria di vini hanno subito calo nel 2022 sulla GDO italia, con un -6,4% di volumi e -1,8% valore.
Il Prosecco nel 2022 è la DOP che cresce più di tutti nei mercati esteri con un +20,2% del 2022 in valore e un +4% in volume, media vini DOP +12% e -0,8% volume, mentre i bianchi del Veneto registrano un +7,3% di valore e -7,6% di volumi, e i rossi del Veneto con un +2,7% di valori e un -3,5% di volumi. Il Prosecco rappresenta il 32,6% dell’export dei vini Dop italiani, seguito dai rossi della Toscana con 13,6%, mentre i bianchi Veneto al 7% e i rossi del Veneto al 6,2%. (Wine Monitor Nomisma)
Crescono i nuovi mercati che stanno mostrando un forte interesse verso per il Prosecco, principalmente all’est Europa e sudest asiatico: la Corea del Sud nel periodo 2022-2019 è aumentato del 249% in valore e 247% in volume, segue Bulgaria +205% e +202%, Lettonia +191% e +216%, Romania +165% e +139% e Lituania +147% e +150%, tutti rispettivamente valore e volumi.
"La sostenibilità, nelle sue tre componenti ambientale, economica e etico-sociale, è un concetto centrale nel prossimo futuro per la viticoltura e corrisponde a una maggiore premialità del mercato conseguente all’aumento della percezione del consumatore e alle richieste dei grandi monopoli internazionali -spiega Giuseppe Liberatore, Direttore generale Valoritalia-. C’è un percorso obbligato che deve portare le aziende, penso entro la fine del 2028, ad avere dei criteri di sostenibilità. Dovremmo lavorare molto nella comunicazione per far capire al consumatore e al mercato il lavoro e il valore che ha un prodotto sostenibile. In molti mercati, soprattutto del nord Europa. la sostenibilità ambientale è quasi scontata e molta rilevanza viene data alla responsabilità etica, e quindi sociale ed econonimica, delle aziende e delle produzioni".
In pochissimo tempo la sostenibilità si è affermata come la tendenza più evidente del mercato mondiale, favorita dai consumatori e fatta propria da un numero crescente di operatori e imprese del mercato vitivinicolo. Le politiche e la normativa comunitaria, si pensi al Green Deal Europeo e alla From Farm to Fork, imporranno un progressivo cambiamento di rotta, di cui la recente approvazione dello Standard Unico per il settore vitivinicolo non è che la prima sentinella -spiega Alessandro Barbieri di Valoritalia-. Il comparto vitivinicolo italiano è stato uno dei primi a cogliere l’importanza del fenomeno e a dotarsi degli strumenti idonei, elaborando protocolli in grado di assicurare la conformità agli standard internazionali riconosciuti. Infatti in questi anni sono stati elaborati una serie di protocolli che coprono esigenze differenziate, ma che nel loro insieme costituiscono una sorta di piramide nella quale gli standard più evoluti integrano e completano gli standard di base. Gli standard più evoluti di certificazione della sostenibilità che comprendono tutte le componenti, come la certificazione Equalitas e VIVA, integrano gran parte dei requisiti previsti dalle certificazione SQNPI e BIO che sono la base e affrontano la sostenibilità principalmente dal punto di vista agronomico.
Il disciplinare di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola è un nuovo strumento di certificazione, finalizzato a garantire una vitivinicoltura più sostenibile e in linea con i più recenti indirizzi contenuti nelle diverse strategie europee e declinate dalla nuova Politica Agricola Comune. Al momento il disciplinare dello standard si identifica nel Sistema di Qualità Nazionale della Produzione Integrata (SQNPI) integrato da alcuni impegni aggiuntivi di carattere etico e sociale, quali le componenti del lavoro, la sicurezza e la formazione del personale. La conformità alle disposizioni del “disciplinare” in regime SQNPI viene attestata con il rilascio del Certificato di Sostenibilità della Filiera Vitivinicola.
Lo standard Equalitas è la certificazione più completa, sempre più richiesta dai mercati e dai monopoli internazionali, e prevede la certificazione di tre dimensioni produttive: l’organizzazione, il prodotto finito e il territorio. Le aziende devono adottare “buone prassi” definite da indicatori di sostenibilità di tipo economico, ambientale e sociale tra loro integrati, che interessano tutte le fasi produttive. Al termine del percorso le aziende devono redigere un Bilancio di Sostenibilità, nel quale vengono definite anche le policy di miglioramento. Le aziende certificate Equalitas in Italia sono in aumento esponenziale, con 23 aziende nel 2020, 90 nel 2021 e 213 a febbraio 2023, con stimate 250 aziende a fine anno, raggiungendo un miliardo le bottiglie prodotte da aziende certificate o certificande.
Oggi la sostenibilità è un’esigenza condivisa ma deve essere costruita su principi e strumenti tangibili e non solo ideologici. Un sistema produttivo come quello italiano che ha puntato sempre sulla qualità e la sicurezza delle produzioni agroalimentare, chiediamo un atteggiamento diverso con valutazioni degli impatti economici e produttivi di quando si prendono decisioni politiche, con una contestualizzazione delle scelte e delle misure -dichiara Gianmichele Passarini, vicepresidente nazionale Cia-Agricoltori Italiani-. La nostra è un’agricoltura specializzata che è diventato un brand a livello mondiale e ci deve essere coscienza che le decisioni europee devono essere rispettose delle situazioni specifiche. Abbiamo bisogno di semplificazione burocratica perché le aziende sono molto reattive rispetto alle tematiche dell’innovazione tecnologica e di processo, oltre che all’attenzione alla sostenibilità.
L’innovazione tecnica e tecnologica saranno aspetti al centro del percorso di sostenibilità delle produzioni e la ricerca sarà fondamentale per il proseguo del processo: in questa direzione il miglioramento genetico attraverso e le varietà ‘tolleranti’ saranno una componente importante e complementare.
"I vitigni tolleranti sono nuove varietà che vanno valutate e analizzate, l’obiettivo infatti è quello di studiare, capire e verificare in termini quantitativi e qualitativi -spiega Marco Nannetti, presidente del consorzio Vitires-. La sostenibilità è una volontà condivisa e non è soltanto un obbligo di legge. Abbiamo bisogno che l’Unione Europea ci aiuti a utilizzare tecniche genetiche per affrontarle le sfide, Flavescenza Dorata e siccità due esempi. Abbiamo bisogno di strumenti normativi che permettano la coltivazione di queste varietà e quindi di avere risultati precisi testati".
"Ad oggi i vitigni resistenti non possono essere utilizzati nelle DOC. È un problema normativo e da quale parte si deve partire, per esempio autorizzando questa tipologia. Ogni consorzio poi sarà libero di scegliere se autorizzarli o meno all’interno della propria denominazione -spiega Giangiacomo Bonaldi, presidente Federdoc-. Federdoc è la federazione che raggruppa i consorzi di tutela italiani con l’obiettivo è fare sintesi. Le tematiche dei vitigni resistenti o tolleranti sono al centro del confronto nazionale".