Cia Padova: nell’Alta è boom del settore lattiero-caseario
Ripresa del comparto lattiero-caseario nell’area dell’Alta Padovana, tradizionalmente la più vocata della provincia.
Alla vigilia di Caseus Veneti, Caseus Italie e Caseus Mundi, in agenda questo fine settimana a Villa Contarini, Cia Padova presenta uno specifico report che mostra un trend in continua crescita.
Da dopo il Covid, allorché si bloccò tutta la catena Horeca, i valori registrano punte fino a un +20% per l’intera filiera. Con un ulteriore dato degno di nota: le esportazioni di formaggi e latticini locali, di elevatissima qualità, sono cresciute del 13,2% in volume nei primi mesi del 2025 (rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).
Per quanto riguarda i numeri del settore, attualmente gli allevamenti padovani con vacche da latte “certificati” sono 2.500, per complessivi 145mila capi. Nell’Alta, è Gazzo il Comune con il maggior numero di allevamenti: 73, per complessivi 3.953 capi. A seguire San Pietro in Gù - 60 allevamenti, 4.133 capi - e Piazzola sul Brenta, 47 allevamenti, 1.266 capi. Il fatturato annuo, a livello provinciale, supera gli 80 milioni di euro.
Oggi produrre un litro di latte costa, in media, 60 centesimi all’imprenditore agricolo. A quest’ultimo vengono riconosciuti, sempre in media, 68 centesimi. L'aumento della domanda estera ha sostenuto i prezzi interni, portando il prezzo del latte alla stalla a raggiungere cifre ragguardevoli, con un +16% nel primo semestre del 2025 (se confrontato col medesimo periodo del 2024).
“Dopo anni di oggettive difficoltà, pure a motivo dei rincari dei prezzi dell’energia e delle materie prime agricole -sottolinea il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini- finalmente il margine di guadagno consente di programmare le attività con relativa fiducia”.
L’unica criticità rilevata dallo studio di Cia Padova è il prezzo dell’erba medica, importante foraggio per il bestiame, apprezzato per l’elevato contenuto di proteine, vitamine, minerali e fibra. A causa degli effetti dei cambiamenti climatici, con fasi di siccità alternate a nubifragi, in Veneto ne è stata raccolta poca: un quintale costa 25 euro, quando il prezzo medio è di 18 euro al quintale. D’altro canto, il mais (altro foraggio strategico) è quotato 22 euro al quintale, almeno 3-4 euro sotto la media.
“In ogni caso -chiarisce il direttore di Cia Padova- questo rimane un segmento particolarmente impegnativo. Gli allevamenti di vacche non sono come le fabbriche, dove si può tirare giù la saracinesca. Il lavoro è a ciclo continuo; ragion per cui dev’essere remunerato in maniera equa. Continueremo a portare tale questione nelle sedi opportune, non bisogna abbassare la guardia -conclude Antonini-. Così come proseguiremo a valorizzare il prodotto legato alla territorialità”.