Cia Emilia Romagna: soia ogm quotata più della nazionale
L’organizzazione segnala l’anomalia che rischia di far sparire la produzione italiana
“Una ingiustificabile forbice di prezzo della soia che avvantaggia quella geneticamente modificata proveniente dell’estero rispetto alla produzione nazionale ogm free”. La denuncia viene da Cia-Agricoltori Italiani Emilia Romagna che segnale una ‘anomalia’ nelle quotazioni di questa oleaginosa, prezzi che si evincono dalla Borsa Merci della Camera di Commercio di Bologna.
“Da quando è terminata la raccolta e si è iniziato a quotare la soia italiana il prezzo è stato tendenzialmente inferiore anche di 10 euro a tonnellata rispetto a quella transgenica proveniente dall’estero -segnala Cristiano Fini, presidente di Cia Emilia Romagna- un trend imbarazzante, ma che non ci stupisce dal momento che negli ultimi anni la forbice di prezzo è sempre stata a favore del prodotto importato. Certo è una situazione che svilisce l’impegno degli agricoltori a produrre una soia di qualità e assolutamente non geneticamente modificata. Nelle ultimissime quotazioni, peraltro, questa differenza di prezzo si è accentuata e penalizzando il prodotto nazionale”.
L’Italia è produttrice di soia non ogm sostenendo costi di produzione più elevati rispetto a quelli di altri Paesi “perché un seme convenzionale è meno resistente i produttori hanno ormai pochissime molecole efficaci per contrastare parassiti sempre più aggressivi -commenta Massimo Piva, produttore di Ferrara- . Nonostante le difficoltà, la campagna produttiva è stata discreta, la qualità è buona e non ci sono ragioni di deprezzamento del prodotto italiano, se non puramente speculative”.
"La soia italiana non sopperisce alle esigenze interne e l’importazione da paesi esteri si rende necessaria “ma non si può mettere sullo stesso piano due prodotti che non sono comparabili in termini di valore -insiste Piva- perché il nostro prodotto è sicuro, sappiamo da dove proviene e come lo produciamo. Servirebbe, dunque, una distinzione chiara e sancita da un disciplinare preciso. La soia italiana dovrebbe far parte di una “filiera di valore” e sarebbe essenziale dare ad un marchio identificativo per il prodotto made in Italy, un progetto che avevamo messo in campo e che poi si è arenato, per le difficoltà ad accordarsi con l’intero mondo agricolo”. L’efficacia di marchio comune scatta se coinvolge un numero consistente di produttori, osserva ancora la Cia, che vorrebbe riaprire un tavolo per concretizzare questo percorso di qualità.
“Ricerca e innovazione su soia e altri prodotti agricoli sono indispensabili per il futuro delle imprese -conclude Fini- mi riferisco in particolare al genoma editing o alla cisgenetica, tecniche di ingegneria genetica che vanno nella direzione opposta rispetto agli Ogm”.