Assemblea Cia: agricoltura al bivio, subito più valore a chi produce
Dalle aree interne alle risorse idriche fino alla Pac, le priorità d’intervento presentate nel documento confederale
Guidare l’agricoltura oltre lo stallo, senza le misure penalizzanti degli ultimi anni ma con risposte efficaci e durature di fronte alle sfide del clima, dei mercati e della transizione. Avendo ben chiaro che non basta solo promuovere il cibo Made in Italy, prima di tutto va difeso chi lo produce, a partire dalle aree interne dove si trova il 56% della superficie coltivabile. È questo il messaggio lanciato da Cia-Agricoltori Italiani in occasione della sua Assemblea annuale, a Roma all’Auditorium Antonianum, che ha richiamato oltre 400 delegati da tutta Italia sotto lo slogan “Agricoltura al bivio: più valore a chi produce”, alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida e del viceministro Maurizio Leo.
“L’agricoltura è a un punto di svolta, occorre imboccare la strada giusta -ha dichiarato il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini-. Ridare centralità al settore vuol dire smetterla con proclami e chiusure ideologiche, ma agire concretamente su priorità ed emergenze. A livello europeo e nazionale si è aperta una fase in cui le regole di bilancio segnano un cambio di paradigma, con l’esigenza non più rinviabile degli Stati, in primis dell’Italia, di intraprendere decise politiche di riduzione dei deficit. Ma proprio perché ci attende un lungo percorso di aggiustamento delle finanze pubbliche, con meno soldi come dimostra la manovra, Cia chiede alle istituzioni un utilizzo più mirato, efficace ed efficiente dei fondi, immaginando anche una razionalizzazione dell’attuale platea di beneficiari della Pac per favorire una più equa e giusta redistribuzione delle risorse a disposizione”. D’altra parte, ha aggiunto Fini, “se non si mette in sicurezza il settore con misure adeguate, si va verso l’abbandono delle aree interne, la perdita del presidio sul territorio, la scomparsa di biodiversità e paesaggio, la fine del Made in Italy agroalimentare. Un rischio che il Paese non può correre”.
Nel documento di Cia presentato all’Assemblea, ecco le priorità di intervento per permettere all’agricoltura di uscire dal bivio e riprendere la strada dello sviluppo:
ACQUA – Per fronteggiare lo squilibrio climatico, tra alluvioni e siccità, tutelando al contempo risorse idriche, agricoltura e territori, in un Paese che ha già subito oltre 90 miliardi di euro di danni in 40 anni a causa degli eventi estremi, per Cia ci sono almeno cinque azioni da adottare: dare priorità negli interventi di messa in sicurezza alle zone a più alto rischio naturale; definire e avviare subito un nuovo Piano nazionale per la crescita dei grandi invasi da considerarsi integrati, e non alternativi, ai piccoli invasi; accelerare sul riutilizzo delle acque reflue e depurate, favorendo gli investimenti e le infrastrutture necessarie al riuso agricolo; approvare finalmente una legge contro il consumo di suolo agricolo, visto che si continua a cementificare 2,4 metri quadrati di suolo al secondo; incentivare le funzioni di manutenzione del territorio svolte dagli agricoltori attraverso un quadro normativo chiaro e definito.
AREE INTERNE – Investire sulle zone rurali è un’urgenza economica e sociale, che necessita di una strategia unica nazionale che arresti lo spopolamento in queste aree, che soffrono la rarefazione dei servizi, lo smantellamento delle infrastrutture e una generale marginalizzazione che mette in pericolo il 60% del territorio italiano, incidendo negativamente sui diritti di cittadinanza di 13 milioni di persone, molti dei quali agricoltori. Per poter sopravvivere e tornare appetibili, le aree interne hanno bisogno in primis del rafforzamento e ammodernamento del sistema infrastrutturale materiale e immateriale (strade, scuole, presidi sanitari, digitalizzazione, luoghi di cultura) con politiche di sostegno all’abitabilità. Quindi misure di fiscalità agevolata sul modello delle ZES; riconoscimento dell’agricoltura familiare con norme specifiche; più facile accesso al credito per innescare il ricambio generazionale; valorizzazione delle produzioni locali e consolidamento dei legami con il turismo.
VALORE LUNGO LA FILIERA – Il riconoscimento del giusto valore a ogni prodotto agricolo è un ambito strategico per Cia, tanto più che ancora oggi su 100 euro spesi dal consumatore, solo 7 restano in tasca al produttore, contro i circa 19 euro di commercio e trasporto. Per questo, è tempo di agire sulla filiera agroalimentare, attivando politiche per il riequilibrio e la trasparenza nei rapporti commerciali e nel processo di formazione dei prezzi; sostenendo realmente l’aggregazione, con incentivi anche fiscali; costruendo un Osservatorio Ue su costi, prezzi e marginalità, accanto alla riforma della Direttiva sulle pratiche sleali.
RICERCA E INNOVAZIONE – Prioritaria è la definizione di un Piano nazionale per l’impianto di specie più resistenti alle malattie e più tolleranti ai cambiamenti climatici. Servono anche: incentivi a ricerca e innovazione sostenibile per introdurre alternative economicamente valide indispensabili a adempiere agli impegni ambientali; introduzione di un Fondo unico per la gestione delle fitopatie di rapida attuazione, con obiettivi definiti e strutturato in termini temporali; adozione di una programmazione strutturata a supporto dell’agricoltura di precisione. In tutto questo processo, resta fondamentale la partita delle Tea in Europa.
FAUNA SELVATICA – È una battaglia che Cia porta avanti da anni, resa ancora più pressante dall’emergenza peste suina, che mette a rischio il comparto suinicolo tricolore, 26mila aziende e un valore alla produzione di 4,5 miliardi. Ora è improcrastinabile creare un sistema uniforme di Censimento delle specie invasive a livello nazionale, mappando le aree più colpite, e sviluppare piani di controllo numerico per ridurre la densità degli animali selvatici dove necessario. Inoltre, bisogna passare dagli indennizzi ai risarcimenti per le aziende agricole, includendo sia i danni diretti che indiretti, e superare il regime de minimis. Occorre anche rafforzare l’autodifesa degli agricoltori, oltre a sensibilizzare la comunità sul tema e a costruire un tavolo di coordinamento tra Ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente, enti regionali, associazioni di categoria.
LAVORO AGRICOLO – La carenza di manodopera ormai è strutturale all’interno del comparto. Una prima risposta per Cia è arrivata dal nuovo Decreto Flussi 2025. Sul fronte degli strumenti, invece, quello che rispecchiava la massima flessibilità era sicuramente il voucher, sostituito oggi dal LoAgri che, numeri alla mano, ha già fallito i suoi obiettivi. La proposta confederale è quella di mettere a disposizione delle aziende virtuose un ticket, dal valore contenuto, da poter usare in qualsiasi momento dell’anno. Occorre fare meglio e più velocemente anche per attrarre i giovani: al riguardo, si chiede la reintroduzione dello sgravio contributivo per gli under 40 e si sollecita l’emanazione dei decreti attuativi della legge per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile nel settore agricolo.
BILANCIO UE – Il bilancio europeo non può essere rivisto al ribasso, ma va valorizzato ed efficientato, rendendolo adeguato a rispondere alle sfide future. Per la sostenibilità dell’agricoltura, è auspicabile l’istituzione di un fondo per la transizione verde, separato dal budget Pac.
PAC DEL FUTURO – Bisogna disegnare una Politica agricola comunitaria più flessibile per intervenire subito nelle situazioni di crisi e più attenta a tutelare andamento produttivo e reddito agricolo, includendo interventi per la gestione del rischio, favorendo gli investimenti, facilitando l’implementazione delle innovazioni. Va pure riformata l’attuale riserva agricola affinché possa meglio affrontare i rischi eccezionali e catastrofici.
POLITICHE COMMERCIALI – Servono regole comuni sul commercio. La parola chiave negli accordi deve essere reciprocità, per tutelare il prodotto italiano ed europeo ed evitare sia la concorrenza sleale di Paesi terzi sia nuovi rischi sui mercati, a partire da quelli fitosanitari. In tal senso, la volontà della Commissione di spingere per chiudere l’accordo Mercosur va attentamente rivalutata, immaginando l’impatto negativo e penalizzante che potrà avere sul settore primario.