30 Novembre 2006

Alimentare: agropirateria e "tarocchi" non frenano il "made in Italy" di qualità e tipicità. In crescita i consumi e l'export di Dop e Igp

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La Cia mette in evidenza la buona tenuta delle produzioni a denominazione d'origine che sono riuscite a contrastare i "falsi" che invadono il mondo dell'agroalimentare. Bene i formaggi, mentre si aprono interessanti prospettive per i prosciutti dopo il via libera di Cina e Australia. I danni causati dei "pirati" alimentari sono, purtroppo, gravi. Occorrono azioni realmente incisive per sconfiggere questo fenomeno.

L'agropirateria, il "tarocco" alimentare, le falsificazioni, pur provocando danni rilevanti all'agricoltura del nostro Paese (circa 2,5 miliardi l'anno), non riescono a scalfire il grande patrimonio del "made in Italy" di qualità e tipicità. I consumi dei prodotti Dop-Denominazione d'origine protetta e Igp-Indicazione geografica protetta (155 riconoscimenti a livello Ue che fanno dell'Italia leader europea indiscussa) hanno, infatti, mantenuto nel 2005 il loro valore (più di 8 miliardi di euro il fatturato complessivo), confermato anche dall'andamento dei primi otto mesi del 2006, che registrano un incremento del 2,3 per cento. Estremamente più positivo è invece il trend delle esportazioni che, nonostante le difficoltà incontrate sui mercati internazionali, hanno messo a segno una crescita dell'8,7 per cento lo scorso anno (con un giro d'affari di oltre l'1,2 miliardi) e del 6,3 per cento nel primo semestre di quest'anno. A sottolinearlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori.
Andamento che -afferma la Cia- si riscontra anche per il vasto arcipelago di prodotti tipici e legati al territorio (oltre 4 mila). Prodotti verso i quali i consumatori continuano a registrare una particolare attenzione, visto che le vendite durante l'anno passato hanno avuto un aumento che ha superato il 5 per cento.
Tra i prodotti Dop e Igp i più gettonati -sostiene la Cia- sono i formaggi (46 per cento degli acquisti), seguiti da carne, prosciutti, salumi e insaccati (39 per cento), dall'ortofrutta (8 per cento), dai grassi e oli d'oliva (6 per cento) e altre tipicità come il pane, le olive, l'aceto, il miele (1 per cento).
Tra i formaggi -segnala la Cia- spiccano, nella graduatoria in valore degli acquisti, il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, la Mozzarella di bufala campana. Meno brillante è stato l'andamento per il Gorgonzola, per il Montasio e per il Taleggio.
La Cia rimarca che gli acquisti di tali prodotti sono concentrati per il 65,5 per cento negli iper e supermercati, il 18,5 nei negozi tradizionali e il 16,0 per cento negli altri canali di vendita.
Tra le regioni italiane, in testa -evidenzia la Cia- è l'Emilia Romagna con 25 prodotti tipici, seguita dal Veneto (21 prodotti), dalla Lombardia (20 prodotti), dalla Toscana (19 prodotti), dalla Sicilia (15 prodotti), dal Piemonte, dal Lazio e dalla Campania (12 prodotti), dalla Puglia e dalla Calabria (10 prodotti).
Buone notizie -aggiunge la Cia- arrivano anche dal fronte estero. La qualità agroalimentare "made in Italy" viene premiata sulle "piazze" straniere, nonostante il preoccupante fenomeno dell'agropirateria. Il valore dell'export di questi prodotti è in larga parte riconducibile ai formaggi, ai salumi e ai prosciutti. Per quest'ultimi, dopo l'apertura dei mercati cinese e australiano, si preannunciano nuove e interessanti opportunità di sviluppo.
Il fatturato al consumo e all'export di questi prodotti a denominazione d'origine sarebbe stato maggiore -rileva la Cia- senza l'assalto degli agropirati che agiscono, purtroppo, indisturbati, danneggiando non solo i produttori agricoli, ma ingannando gli stessi consumatori, in particolare esteri, disorientati davanti a false e incomprensibili etichette.
Tuttavia, con le loro significative performance, queste produzioni di qualità sono riuscite a rintuzzare l'attacco e la sleale concorrenza di "falsi" e "tarocchi" in tutto il mondo. D'altra parte, non c'è più da stupirsi -dice la Cia- nel ritrovare, anche attraverso internet, il Prosciutto di Parma, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano prodotti in Argentina, in Australia o, addirittura, in Cina. Gli "agropirati" si camuffano dietro le sigle più strane e singolari: dal Parmesao (Brasile) al Regianito (Argentina), al Parma Ham (Usa), al Daniele Prosciutto & company (Usa), dall'Asiago del Wisconsin (Usa) alla Mozzarella Company di Dallas (Usa), dalla Tinboonzola (Australia), alla Cambozola (Germania, Austria e Belgio), al Danish Grana (Usa).
Non a caso, nel 2005. le dogane dell'Ue hanno sequestrato più di 5 milioni di prodotti agroalimentari (in larghissima parte Dop e Igp) contraffatti, il 118 per cento in più rispetto all'anno precedente. La minaccia maggiore risulta ancora una volta dalla Cina, visto che il 72 per cento dei prodotti bloccati è proveniente dal Paese asiatico.
Oltre che dalla Cina, che ormai sta invadendo con prodotti "taroccati" i mercati di tutta Europa, soprattutto quello italiano, gli agroalimentari sequestrati provengono -afferma la Cia- per il 14 per cento da Hong Kong, per il 4 per cento dal Taiwan, per il 2 per cento dalla Svizzera, Repubblica Araba, Siria, Turchia, Ucraina, e per l'1 per cento dalla Russia.
Davanti a questi problemi -conclude la Cia- occorre immaginare un approccio diversificato alla tutela delle nostre produzioni di qualità. Tra gli strumenti a disposizione vi sono i rapporti bilaterali con i paesi partner, le sinergie di sistema tra produttori e distributori, il rafforzamento della tutela legale contro i fenomeni dell'agropirateria. E' necessario, in primo luogo, impostare una vera politica commerciale, che fissi obiettivi e priorità oggi scarsamente evidenti in Italia. Le attività di promozione devono essere considerate una parte del tutto, non devono sostituirsi ad una visione complessiva, di sistema, della valorizzazione dell'economia agroalimentare italiana di qualità.