21 Dicembre 2010
Agricoltura in grave difficoltà, ma non è in disarmo. Serve un nuovo progetto di sviluppo. È ora che il governo mantenga gli impegni presi
"Sono lontani i tempi nei quali si esaltava il 'nuovo rinascimento dell'agricoltura italiana'. Lo scorso anno, i redditi agricoli sono calati in Europa del 12,2 per cento, in Italia del 25,3 per cento. Nascondere la realtà per tanto tempo, purtroppo, ha fatto perdere al nostro mondo agricolo occasioni importanti per aggredire le cause delle difficoltà e indicare le soluzioni possibili. Avevamo proposto -e proponiamo oggi- la convocazione della Conferenza nazionale sull'agricoltura e lo sviluppo rurale come sede di alto confronto per definire le scelte da compiere per un nuovo progetto di politica agraria. Dal ministro Galan attendiamo una risposta chiara a questa proposta. Lo scenario che proponiamo è, quindi, un futuro con più agricoltura". Lo ha affermato il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi nella relazione tenuta oggi a Roma nel corso dell'Assemblea nazionale dell'Organizzazione.
"Il settore primario -ha aggiunto Politi- vive una situazione molto complessa, per cui risultano velleitarie e sbagliate soluzioni protezionistiche; sono altrettanto illusorie scorciatoie localistiche o autarchiche. Al di là dell'indiscutibile valore etico e pedagogico, il mercato corto e la vendita diretta non aiutano ad affrontare, oggi, le sfide dei mercati".
"Anche in agricoltura -ha rimarcato il presidente della Cia- è l'insicurezza il vero 'virus' che domina la realtà di questi anni. Essa produce o deriva dall'incertezza delle prospettive a breve termine, pesa sulle scelte colturali e di investimento. Allontana i giovani. Solo 112 mila aziende sono condotte da giovani. In agricoltura non abbiamo ricambio generazionale. Accentua i fenomeni di abbandono. Nel 2010 l'agricoltura ha perso oltre 25 mila imprese".
"Nonostante questa complessa situazione e le difficoltà ad intravedere delle prospettive, non abbiamo -ha affermato Politi- un'agricoltura in disarmo. Al contrario, abbiamo un nucleo forte di imprese che reagisce e lavora per consolidarsi, che produce le eccellenze alimentari delle quali il nostro Paese va fiero. Su queste aziende occorre puntare: esse chiedono risposte e politiche che innanzitutto lo Stato deve fornire".
"Esprimiamo, dunque, un giudizio fortemente critico sull'azione di governo per l'agricoltura di questi ultimi anni. Non è una critica prevenuta. Questi anni oltre alla riduzione degli stanziamenti nazionali a sostegno dell'agricoltura, sono stati caratterizzati -ha sottolineato il presidente della Cia- dalla mancanza di una politica agraria e, quindi, dell'impegno di governo per dare soluzione ai tanti e gravi problemi".
"È certamente positivo, lo riconosciamo, che la legge di stabilità abbia reso permanenti le agevolazioni fiscali e contributive a favore della piccola proprietà coltivatrice e delle imprese che operano nelle zone svantaggiate. Non è stata confermata l'agevolazione fiscale per l'acquisto del gasolio per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra, che avrebbe comportato un vantaggio stimato di circa 14,5 milioni. Chiediamo -ha insistito il presidente della Cia- che l'agevolazione sia ripristinata nel decreto 'Milleproroghe' che il governo si appresta a varare".
"Oggi il consolidato della spesa pubblica a favore dell'agricoltura, peraltro in calo in valori costanti negli ultimi dieci anni, si ripartisce -ha detto ancora Politi- in modo paritario, un terzo ciascuno, tra agevolazioni, Pac, politiche nazionali e regionali. La spesa che fa capo allo Stato -Ministeri e Regioni- progressivamente si riduce; lo stesso potrà avvenire, in misura più o meno accentuata, con la spesa comunitaria per la Politica agricola. Crescerà, di conseguenza, a parità di condizioni, il peso relativo delle agevolazioni contributive e fiscali. E non può essere questa la prospettiva delle politiche per l'agricoltura. Non riteniamo positiva una politica concentrata solo sulle agevolazioni e che trascura il sostegno all'innovazione e competitività. Non è corretto che lo Stato, di fatto, deleghi gli interventi a sostegno delle imprese alla Pac e al bilancio dell'Unione europea. Non è giusto, in sostanza, che lo Stato rinunci a una sua politica agraria nazionale. Questo non significa evocare una rinazionalizzazione delle politiche agricole, ma più semplicemente vuol dire affrontare, nel rispetto delle regole comunitarie sulla concorrenza, i nodi e le criticità delle diverse agricolture e, contemporaneamente, valorizzarne i punti di forza".
Soffermandosi sulla Pac post 2013, il presidente della Cia ha rilevato che questa è la prima riforma che vede coinvolte in modo attivo le tre principali istituzioni europee, Commissione, Consiglio e Parlamento, e i dodici nuovi Stati membri. Una situazione, dunque, inedita che impone di procedere con grande cautela, ma avendo ben chiaro il disegno che si vuole realizzare e l'obiettivo che ci proponiamo: imprese agricole vitali, capaci di creare reddito, di corrispondere alla domanda mondiale di cibo, di contribuire ad affrontare la sfida ambientale e climatica. Poniamo al centro della Pac le imprese professionali e la necessità di promuovere modelli organizzativi più competitivi in grado di valorizzare sui mercati la produzione agroalimentare europea".
"Sarà -ha sottolineato Politi- un negoziato complesso e difficile. Già in queste prime battute emergono posizioni difficilmente conciliabili: sull'ammontare della spesa agricola all'interno del bilancio; sul riequilibrio; sul tipo di sostegno. Dobbiamo presentarci al negoziato con una posizione forte e autorevole; soprattutto condivisa dal sistema agricolo alimentare del nostro Paese. Insieme a Confagricoltura e Copagri abbiamo sottoscritto un documento comune che abbiamo presentato alle istituzioni comunitarie; lo stesso hanno fatto le centrali cooperative. È nostro impegno, condiviso, di pervenire ad un documento unitario di tutta la filiera agroalimentare, ripercorrendo la stessa strada che seguimmo in occasione dell'health check".
Il presidente della Cia ha evidenziato che "la causa principale della crisi dell'agricoltura è stato il crollo dei prezzi all'origine e, soprattutto, l'incapacità degli agricoltori di mettere in campo strumenti per fronteggiare l'instabilità dei mercati, contrastare le manovre speculative, rendere più eque le relazioni di scambio tra i vari attori della filiera. Da questa premessa facciamo discendere la convinzione che la via principale per correggere inefficienze e distorsioni del mercato risieda nel rafforzamento delle organizzazioni economiche, negli accordi contrattuali, nell'interprofessione, nella politica di concorrenza e in una migliore trasparenza delle informazioni a partire dalla indicazione di origine".
Dopo aver ricordato le positive intese raggiunte al Tavolo delle forze sociali e che il Piano per il Sud presenta ancora pagine non scritte che lo rendono, oggi, una nuova "promessa", Politi ha sostenuto che "il governo, dopo il voto Parlamentare della settimana scorsa, è chiamato a rispettare gli impegni assunti. Ancora oggi, con questa Assemblea annuale, abbiamo indicato un percorso e delle priorità che a noi paiono ineludibili per riprendere anche in agricoltura la strada della crescita. Abbiamo accolto l'invito a serrare le fila, a parlare il più possibile con una voce unica, a fare squadra. Ora si apre il tempo delle risposte di governo".