29 Luglio 2004
La relazione di Giuseppe Politi
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(Bozza non corretta)
Amiche, amici,
in questa importante Assemblea siamo chiamati non solo alla elezione di un nuovo presidente, ma anche e soprattutto a decidere con quali azioni affrontare il futuro e con quali progetti concreti rispondere alle esigenze delle migliaia di nostri soci, che attendono un segnale chiaro e impegni solidi per cercare di superare l'attuale difficile momento che stanno vivendo le imprese agricole italiane.
La scelta di candidarmi a presidente della Confederazione Italiana Agricoltori è stata determinata dalle tante sollecitazioni avute e, soprattutto, dalla volontà e dall'ambizione di poter contribuire, insieme a tutti Voi, a costruire una nuova fase della storia della nostra Confederazione, realizzando gli impegni che erano alla base dell'Assemblea straordinaria del 24 ottobre del 2000.
La Confederazione Italiana Agricoltori rappresenta un inestimabile patrimonio, costituito dai soci, ad iniziare dagli agricoltori, dalle donne, dai giovani, dai pensionati, dalle strutture territoriali e da migliaia di persone che -come ho avuto modo di affermare nella lettera nella quale ho annunciato la mia candidatura- operano ogni giorno con professionalità all'interno dell'Organizzazione, con funzioni e responsabilità diverse.
Un'ambizione, la mia, fatta di caparbietà, di impegno, di attaccamento ai nostri valori ed ideali. Un'ambizione forte per cambiare, per uscire dallo stallo e per ridare orgoglio a chi vive, opera e crede nell'Organizzazione. Un'Organizzazione che vogliamo nuova, moderna ed efficiente. Un'Organizzazione viva e propulsiva e sempre più radicata nel territorio. Un'Organizzazione dove tutti possano sentirsi a casa propria, dove ognuno possa esprimere liberamente il suo pensiero e lavorare con tranquillità, contribuendo alla crescita, al benessere, al progresso della Confederazione, dell'agricoltura, delle sue imprese diffuse, della società, del Paese.
Indubbiamente, nell'attuale precaria e complessa fase, le energie per intraprendere il nuovo cammino devono essere tante. Anzi, abbiamo il dovere di moltiplicarle.
Dobbiamo avere il coraggio di percorrere questa strada sino in fondo, consapevoli che il nostro quotidiano lavoro, fatto di sacrifici, di sforzo intellettuale, di professionalità, di impegno, rappresenta la chiave decisiva per sciogliere alla radice tutti quei problemi che in troppe occasioni hanno impedito un passo spedito.
Il momento è, tuttavia, difficile.
E' un'Assemblea, quella di oggi, che si tiene in presenza di eventi tumultuosi, che lasceranno un segno duraturo nella società, nell'economia e nella cultura dell'Occidente.
Eventi che hanno dato alla globalizzazione e alla competitività una concretezza e un'urgenza diversa da come le avevamo comprese finora, rimettendo in gioco certezze e rendite di posizione.
Oggi ci sentiamo meno sicuri, più vulnerabili, più spaesati. Ma non per questo ci sentiamo rassegnati a logiche rinunciatarie o a scenari di declino.
La nostra voglia di rinnovamento è integra, poggia sulla consapevolezza dei problemi, ma anche sulla certezza di avere concretezza, idee, fantasia e coraggio.
Un patrimonio di intelligenza e di volontà da mettere al servizio del Paese e ridare fiducia agli agricoltori
Non solo per l'economia, per il nostro settore agricolo, ma per la stessa vita di ognuno di noi.
C'è un filo rosso tra "l'impegno di tutti", più volte invocato dal Capo dello Stato Ciampi per riattivare il circuito virtuoso dello sviluppo, e la "voglia di unità", di fare sistema con chiunque sia disposto a condividere un ragionamento e una strategia per il futuro del Paese.
Il filo rosso è il messaggio. Collaborare, lavorare insieme, è l'unico modo che abbiamo per recuperare fiducia, ottimismo, orgoglio. Per battere una cultura del declino divenuta più strisciante del suo stesso oggetto. Per ritrovare quello spirito di riscatto e quella voglia di fare che nel Dopoguerra hanno consentito ai nostri padri di ricostruire il Paese.
Oggi non siamo in un Dopoguerra. Stiamo vivendo una transizione difficile, dalla quale possiamo risollevarci ritrovando dentro di noi, nella Cia, nelle imprese agricole e nel Sistema Paese, la qualità e le energie per ripartire.
Lo scenario che oggi abbiamo davanti è carico di tensioni e appare difficile procedere con determinazione verso un sano e adeguato sviluppo. Però, comincia ad emergere, anzi penso che ormai sia sempre più palpabile, la voglia di un qualcosa di positivo, di un segnale di ripresa, di rivedere un sentiero spianato dove ci si possa rimettere in marcia sia in Italia che nel mondo intero.
Una voglia che nasce da chi non si sente battuto e vuole dare una scossa di vitalità, di riscatto.
D'altronde, la situazione socio-economica del nostro Paese lo impone.
Sono sufficienti alcuni dati per comprendere la delicatezza della situazione economica e sociale. Il prodotto interno lordo segna il passo, i consumi non aumentano, mentre gli investimenti sono in continuo e consistente calo.
La fiducia dei cittadini ha ormai toccato livelli molto bassi che non si riscontravano da alcuni decenni. I conti pubblici hanno avuto bisogno di un'ulteriore manovra correttiva, anche perché la finanziaria 2004 si è dimostrata inefficace e priva di consistenza. Una finanziaria, insomma, di basso profilo.
Il governo Berlusconi , dopo aver sostenuto per mesi, e in maniera più consistente durante la recente campagna elettorale, populistiche azioni di riduzioni delle tasse per i cittadini e della riduzione del carico fiscale per le imprese, ha dovuto rivedere i conti, accantonare queste proposte e proporre un documento di programmazione economica e finanziaria che prevede per il prossimo anno tra tagli alla spesa e maggiori entrate una manovra di 24 miliardi di euro dei quali circa un terzo è rappresentato da una tantum.
Il governo in tre anni non è riuscito a dare la sterzata positiva.
In molti casi, purtroppo, si sono registrati addirittura pericolosi passi indietro.
Nelle decisioni di carattere economico è prevalsa la "logica dell'una tantum", mentre si è andata sempre di più consolidando la tendenza al voto di fiducia che ha praticamente svuotato il confronto politico-parlamentare e con esso il dialogo, o meglio la concertazione, con le forze sociali. Concertazione che va considerata indispensabile per costruire una nuova fase di crescita e che, pertanto, va ripresa e sviluppata con nuovo entusiasmo e fiducia.
E tutto questo che è avvenuto costituisce un danno rilevante per la nostra democrazia. Gli stessi tempi della verifica all'interno delle forze politiche di maggioranza hanno assunto toni per dir poco esasperanti, alimentando le preoccupazioni e accentuando lo scontro politico.
In questa difficile situazione per i cittadini e le imprese, la nostra agricoltura è ancor più penalizzata.
Le nostre imprese sono costrette ad agire tra mille difficoltà e vedono scendere sempre di più la loro competitività. Lo scorso anno la produzione lorda vendibile agricola è diminuita per il quarto anno consecutivo, facendo registrare un calo di quasi il 5 per cento; l'incidenza del settore sulla formazione del prodotto interno lordo è sceso al 2,5 per cento; mentre si è avuta una fuoriuscita di unità di lavoro dal comparto del 3,7 per cento.
Gli imprenditori agricoli devono fare i conti con gli alti costi di produzione e con oneri burocratici e previdenziali che rendono difficile la gestione aziendale. Il tutto in presenza di investimenti insufficienti, che oltretutto la recente manovra correttiva, con tagli indiscriminati alle risorse finanziarie per il settore, ha ridotto al lumicino.
Certamente l'agricoltura riflette, più degli altri settori, le difficoltà della nostra economia. Assistiamo così alla polverizzazione dimensionale delle imprese, alla scarsa spesa destinata all'innovazione e alla modernizzazione, alla drammatica perdita di quote di mercato, all'accrescimento dei vincoli e dei condizionamenti, alla mancanza di una strategia complessiva di rilancio.
Un comparto che ha, di conseguenza, l'impellente necessità di un nuovo progetto di sviluppo, di azioni concrete di interventi efficaci e propulsivi. Gli agricoltori, ai quali siamo chiamati a rispondere in termini di impegno, di iniziative strategiche e di reali servizi, non hanno bisogno di atteggiamenti demagogici.
Atteggiamenti che lo stesso ministro delle politiche agricole Gianni Alemanno ha troppe volte avuto. Alle promesse e ai proclami sono seguiti solo sporadici e inconsistenti fatti concreti. Gli imprenditori vogliono solo certezze per poter lavorare con profitto e tranquillità.
La nostra agricoltura ha davanti a sé importanti sfide e scadenze, a cominciare dall'applicazione della Politica agricola comune e dal complesso negoziato commerciale Wto, che vanno affrontate con la massima determinazione e con l'azione puntuale e rigorosa del ministero e del governo nella sua collegialità.
Dobbiamo progettare e costruire l'agricoltura del futuro.
Dobbiamo farci carico di proporre un progetto per la competitività dell'agricoltura italiana ponendo al centro gli imprenditori agricoli e le loro imprese.
La nostra agricoltura è un insieme di punti di forza e di debolezza che interagiscono. Non esiste un'unica linea di tendenza: esse variano in modo significativo in rapporto alle aree geografiche, le tipologie di aziende,le produzioni.
Tra i punti di debolezza, che se non corretti limitano la competitività, possiamo evidenziare l'irrisolta questione fondiaria, il lento ricambio generazionale, l'assenza di economie di rete.
Tra i punti di forza possiamo certamente inserire la presenza diffusa sul territorio di imprese familiari, che permette una elevata capacità di adattamento, e la tradizione alimentare che rende le produzioni tipiche e di qualità del nostro territorio uno dei vanti della nostra agricoltura.
In un mercato sempre più aperto e concorrenziale, la qualità rappresenta l'arma vincente della nostra agricoltura.
Non nicchia di mercato, ma tratto distintivo di un sistema di aziende diffuse sul territorio al quale ogni operatore contribuisce ad iniziare dall'agricoltore, ma anche l'industria di trasformazione e la distribuzione con la forza dei marchi e delle filiere di qualità.
Ma la qualità è una strategia vincente solo se si combina con l'innovazione come: il marketing, la comunicazione, l'organizzazione del mercato. Solo attraverso essa è possibile contrastare efficacemente i tentativi di imitazione, recuperare margini di competitività, ottenere una differenziazione di prezzo e, quindi, un maggior reddito per gli agricoltori. Il principio che ci deve guidare è che alla base del progresso produttivo c'è l'innovazione continua, il cambiamento è un processo continuo, ma l'innovazione deve essere sostenuta e governata. Bisogna, quindi, puntare sull'innovazione. Se c'è innovazione, c'è crescita economica, a condizione che le nuove conoscenze producano beni e servizi e, quindi, valore di mercato. Ma l'innovazione è abbisognevole della ricerca e l'Italia è il fanalino di coda tra i Paesi più sviluppati nel mondo.
Per questo la CIA dovrà farsi carico della necessità di un progetto per la competitività delle imprese agricole e proporre con forza una nuova, diversa e vera politica agraria nazionale finalizzata a promuovere lo sviluppo del settore e a creare un ambiente nel quale gli agricoltori possano operare in condizioni di maggiore certezza e di tutela dei redditi in rapporto ai rischi naturali e del mercato. Per definire la nuova missione dell'agricoltura italiana è ormai maturo il tempo di chiedere lo svolgimento di una Conferenza nazionale sull'agricoltura e lo sviluppo rurale, organizzata dalla Conferenza Stato-Regioni.
I capitoli del progetto devono riguardare l'innovazione tecnologica , la ricerca e i servizi di sviluppo, i nuovi strumenti assicurativi e i servizi finanziari, la promozione del made in Italy e le relazioni interprofessionali, il ricambio generazionale, la mobilità fondiaria e il sostegno all'agricoltura giovane, le infrastrutture e il sistema delle regole.
La nostra Confederazione si dovrà impegnare da subito, non solo a chiedere lo svolgimento della Conferenza, ma a dare contenuto a questi capitoli recuperando quanto da noi prodotto nella Conferenza sull'impresa agricola svolta nel 2002. Per questo diciamo basta a provvedimenti sporadici e ad azioni scollegate. Siamo contro politiche di scarso respiro e diciamo un fermo "no" alla logica del declino. Noi della CIA, siamo per lo sviluppo e per scelte di governo capaci di dare un futuro più certo ai cittadini, agli imprenditori e alle imprese..
Rispetto alle nuove necessità , l'azione del governo non ha saputo cogliere le nuove esigenze presenti nel territorio, ad iniziare dalle attività agricole e dalle imprese. Proprio l'assenza di una valida politica ha determinato situazioni di forte disagio economico e sociale degli imprenditori agricoli. In un quadro di convulsi e repenti cambiamenti, dalla riforma della Pac alle mutate relazioni sui mercati internazionali, la mancanza di azioni programmate e strategiche ha penalizzato la competitività delle nostre aziende agricole che hanno dovuto affrontare la nuova situazione da sole, senza il sostegno di riferimenti sia normativi che economici certi, con servizi inesistenti e nella più totale assenza di moderne infrastrutture.
L'agricoltura di qualità legata al territorio, l'agricoltura di servizio, che la nostra confederazione ha sempre promosso, ha subito i contraccolpi di questa deleteria e mortificante azione riduttiva.
Tutto ciò ha profonde conseguenze sul piano internazionale: sviluppo del multilateralismo, superamento delle visioni iperliberiste, riforma degli organismi quali il Wto (che non può basarsi su accordi bilaterali, ma avere una visione più ampia che tenga conto dei nuovi paesi emergenti e soprattutto di quelli più poveri), rilancio del ruolo dell'Europa.
E a proposito di Europa, è necessario procedere con determinazione nella riforma della Pac, privilegiando le azioni di orientamento e di governo del mercato.
Ed è proprio l'Europa, allargata e in vista di nuove adesioni, che può dare un contributo essenziale nel contesto di una globalizzazione che, dopo gli anni di egemonia da parte degli Stati Uniti, oggi vive una profonda trasformazione con problemi evidenti e da risolvere, con l'affermarsi di nuovi paesi che stanno irrompendo nello scenario mondiale (prima fra tutti la Cina).
L'accordo sulla costituzione europea va salutato come un positivo passo avanti, ma da solo non è sufficiente. Bisogna agire per un governo adeguato al patto di stabilità, per più flessibili politiche della moneta e del lavoro, per robusti investimenti verso le infrastrutture, per una concertata promozione della ricerca, dell'innovazione e della formazione, per riforme di struttura eque e partecipate, per una comune politica estera e di difesa.
E in tale contesto occorre sviluppare iniziative che affrontino le questioni relative all'area del Mediterraneo e della politica del libero scambio.
Il Mediterraneo non può che richiamare il tema del Mezzogiorno e gli ancora marcati squilibri economici e sociali presenti nella nostra società. Credo che non sia più procrastinabile una politica fatta di scelte finalizzate alla valorizzazione delle grandi potenzialità produttive presenti nel Sud, dove l'agricoltura e le attività produttive collegate rappresentano una formidabile occasione di sviluppo economico e sociale.
L'annunciata volontà del governo di istituire un ministero per il Mezzogiorno costituisce un inutile, quanto dannoso, ritorno al passato. Un nuovo e diverso impegno per lo sviluppo delle aree del mezzogiorno non può essere caratterizzato da interventi straordinari e sganciati dal contesto generale.
Viceversa, bisogna operare scelte capaci di valorizzare le grandi ricchezze presenti nel territorio, ad iniziare dalle attività agricole, garantendo adeguati e moderni servizi sociali e infrastrutturali, capaci di permettere l'innovazione delle imprese.
Tutti questi sono fattori ed elementi con i quali, come organizzazione professionale e di rappresentanza, siamo obbligati a confrontarci e verso i quali dobbiamo trovare le risposte più opportune. Lo dobbiamo fare per i nostri soci, per le loro famiglie, per le loro imprese, che rappresentano il vero cuore pulsante. Occorre un impegno forte e nuovo; è necessario fare sistema, intrecciando elaborazione e progettualità, politica e iniziative, strategie e servizi, sia a livello locale che nazionale.
L'evoluzione che ha segnato il cambiamento dell'impresa agricola deve essere colta in tutta la sua interezza. Le novità che hanno coinvolto i giovani, le donne, gli anziani, i mutati percorsi delle aziende (vedi lo sviluppo dell'agriturismo), le scelte di nuovi modelli di produzione (l'agricoltura biologica in particolare), il protagonismo dei pensionati, l'accresciuta voglia di partecipazione e uno straordinario senso di appartenenza di chi vive nelle aree rurali e degli imprenditori agricoli, devono avere da parte della Cia un'attenzione particolare e certamente diversa dal passato.
È probabilmente giunto il momento di favorire nuove forme di partecipazione da parte degli iscritti, istituzionalizzando anche la costituzione di consulte nazionali di settore o di comparto produttivo dove gli stessi agricoltori possono avere un'ascoltata voce sui temi che hanno una ricaduta importante per gli loro interessi economici.
Il problema, oggi fortemente presente nella nostra Organizzazione della partecipazione attiva degli agricoltori alle scelte e alla gestione della nostra Confederazione, dovrà rappresentare un tema importante da affrontare con grande determinazione nella prossima assemblea elettiva prevista alla fine del 2006.
In questo quadro dobbiamo potenziare le capacità di rappresentanza favorendo un modello organizzativo a rete rafforzando, a partire dal livello territoriale, tutti gli strumenti del sistema Cia. Strumenti che, dove hanno ben operato, hanno consentito un ampliamento della base sociale della Confederazione. Dobbiamo, insomma, dare corpo alla rappresentanza, anche con specifici progetti rivolti a dare voce ai tanti e nuovi bisogni presenti nell'agricoltura italiana e nelle aree rurali del Paese. Dobbiamo considerare che nonostante i tanti soggetti organizzati che intervengono nel settore e nelle aree rurali, una grande percentuale di agricoltori, pensionati e cittadini che operano nelle aree rurali e che interagiscono con le attività agricole non sono iscritti a nessuna organizzazione.
E noi come Cia dobbiamo saper interpretare il nuovo.
Dobbiamo valorizzare la crescente funzione delle donne imprenditrici agricole, che con coraggio affrontano i problemi di conduzione di un'azienda. Dobbiamo incutere fiducia ai giovani che non sono solo il futuro, ma rappresentano la realtà del presente. Dobbiamo dare concreti supporti agli anziani a cui va tutta la nostra riconoscenza per il loro impegno e il loro lavoro che ha permesso di costruire la democrazia del nostro Paese.
Fare rappresentanza significa anche alleanze e rete di relazioni. E tutto ciò pone il tema dell'unità del mondo agricolo, nel cui ambito è necessaria la costante ricerca di convergenze che aiutino a tutelare al meglio gli interessi degli imprenditori agricoli e a promuovere politiche di sostegno all'agricoltura e allo sviluppo delle aree rurali.
Non voglio sognare la nuova Cia.
Voglio che quello che è emerso in questi mesi di dibattito e di confronto si realizzi nel concreto. Non abbiamo bisogno di utopie, ma di rimuovere atteggiamenti di autoreferenzialità.
Tutti insieme dobbiamo, invece, agire per un modello organizzativo che ho definito unitario, policentrico e flessibile. Un modello federalistico capace di far evolvere globalmente la nostra organizzazione in linea con il progetto politico.
Ed è per tale ragione che ho parlato di un federalismo cooperativo, di un modello che deve avere un sistema di governo forte e collegiale, che superi in maniera definitiva l'impostazione presidenzialistica. Governo che deve svilupparsi su tre cardini fondamentali: responsabilità, integrazione e collegialità.
Ribadisco soltanto che il cambiamento che siamo chiamati a sviluppare deve muoversi in una logica nuova e caratterizzarsi in quella "transizione nella discontinuità" così definita in un ordine del giorno approvato dalla Giunta Nazionale.
Voglio però ribadire, con la massima chiarezza, gli obiettivi operativi che devono caratterizzare la mia azione e che riguardano la vita interna della nostra confederazione e la sua azione esterna.
Le linee di intervento previste nel Piano di risanamento e sviluppo approvato all'unanimità dall'Assemblea nazionale saranno perseguite con la massima responsabilità, ma anche con grande determinazione, allo scopo di rimuovere gli ostacoli finanziari nella realizzazione degli obiettivi organizzativi e politici che insieme abbiamo definito.
L'impegno di verificare periodicamente la situazione finanziaria e gli obiettivi del risanamento sarà fermamente mantenuto e i risultati saranno oggetto di informazione costante agli organismi dirigenti. Non ho mai sostenuto che le azioni previste e gli obiettivi da perseguire rappresentano una sorta di limite invalicabile, voglio però ribadire con analoga chiarezza che è ormai finito il tempo dei giudizi perché è necessario operare: non solo dire, ma soprattutto saper ascoltare e fare, è il motto con il quale voglio caratterizzare la mia azione.
Con questo voglio affermare che ogni dirigente, nelle sedi e nelle occasioni opportune, potrà avanzare ulteriori proposte per rendere più efficace il Piano di risanamento e sviluppo o per correggere in corso di applicazione alcune misure: Queste proposte saranno attentamente considerate e se condivise inserite nel programma ed attuate.
La ristrutturazione degli uffici centrali e la costituzione delle aree di lavoro così, come previsto nel programma presentato e dall'ordine del giorno dell'Assemblea nazionale,, saranno realizzate entro il prossimo 30 settembre. La ristrutturazione degli uffici centrali sarà accompagnata da una relazione sulla situazione del personale e le professionalità in essa già presenti.
Questo allo scopo di adattare anche il personale ai "nuovi" bisogni della nostra Confederazione e dell'agricoltura, attivando le necessarie azioni di formazione e valorizzando le professionalità presenti all'interno del sistema CIA.
Il programma di ristrutturazione degli uffici, naturalmente, vedrà il coinvolgimento pieno anche di tutto il personale dirigente centrale, ma questo non dovrà significare rinvii sulle scelte da compiere e neppure sostanziale difesa dell'esistente.
Nella nostra struttura centrale operano numerose e valide figure professionali, fortemente interessate al progresso della nostra Confederazione e, quindi, sono convinto che da parte loro verrà un utile contributo sulle decisioni operative da adottare.
Non ho voglia di commentare il documento sottoscritto da parte di alcuni dirigenti della sede nazionale. Con franchezza devo però dichiarare che mi sarei aspettato di più, la nostra Confederazione si aspettava di più.
La logica dello schieramento, purtroppo, è prevalsa sulla utile necessità di offrire a tutta la Confederazione un contributo serio sul ruolo della struttura centrale e sulla disponibilità piena a misurarsi con le difficoltà presenti, offrendo un importante patrimonio personale e professionale per contribuire al successo dell'azione della nostra Confederazione.
Il documento sottoscritto, non offre nessun aiuto alla soluzione dei problemi, anzi , temo, e mi auguro di sbagliarmi, ne creerà di nuovi all'interno dei rapporti del sistema CIA.
Sul piano esterno l'azione sarà da subito caratterizzata al perseguimento di garantire nuovi diritti alle imprese agricole, agli agricoltori e alle aree rurali con particolare riferimento a quanti operano nelle zone interne svantaggiate e di montagna.
La strategia del riequilibrio territoriale, nord-sud, città-campagna, zone interne e di montagna- pianura, e produttivo, agricoltura in rapporto agli altri settori, deve essere perseguito con grande determinazione politica e sindacale per creare le condizioni del riconoscimento agli agricoltori e di chi vive nelle aree rurali dei diritti garantiti agli altri cittadini e agli altri imprenditori, ma anche per ottenere nuovi diritti finalizzati a rimuovere situazioni di svantaggio.
In questo quadro il nostro impegno dovrà essere orientato a garantire alle imprese agricole azioni legislative per la definizione di regole di mercato certe ed uguali per tutti i soggetti che in esso operano e per la semplificazione amministrativa, che sempre di più rischia di essere un oggettivo impedimento alla libertà d'impresa.
La multifunzionalità dell'agricoltura può rappresentare una occasione di sviluppo dell'agricoltura a condizione che si sviluppino azioni capaci di migliorare le condizioni civili di quanti risiedono nelle aree rurali e svantaggiate del Paese. Le scelte del governo con la riduzione delle risorse finanziarie da destinare agli Enti Locali e la logica "aziendale" che guida le scelte nella sanità, nei trasporti, nella scuola, nella previdenza, nei fatti, incidono negativamente nel godimento di diritti fondamentali dei cittadini penalizzando le fasce sociali più deboli ad iniziare dagli anziani e negano un futuro ai giovani che intendono continuare a vivere e produrre in agricoltura e nelle aree rurali del nostro Paese.
A differenza di altri settori e altre categorie produttive, la nostra azione nel campo dei diritti sociali e previdenziali, non può caratterizzarsi nella semplice difesa della situazione esistente, ma deve muoversi per rivendicarne di nuovi.
Nell'azione della conquista dei nuovi diritti, fermo restando la nostra autonomia, dobbiamo avere la capacità e volontà di sviluppare le nostre relazioni verso tutti i soggetti organizzati che operano nelle attività sociali ed economiche e che, come noi sono portatori della difesa di specifici interessi. Fare rappresentanza significa anche alleanze e rete di relazioni. E tutto ciò pone il tema dell'unità del mondo agricolo, nel cui ambito è necessaria la costante ricerca di convergenze che aiutino a tutelare al meglio gli interessi degli imprenditori agricoli e a promuovere politiche di sostegno all'agricoltura e allo sviluppo delle aree rurali.
Dobbiamo con determinazione, orgoglio e grande capacità propositiva recuperare e rendere visibile l'obiettivo dell'unità con le altre organizzazioni professionali agricole. Dobbiamo adoperarci per rendere evidente la nostra voglia di indicare agli agricoltori italiani una strategia unitaria come valore e strumento sindacale per meglio difendere e sviluppare l'agricoltura italiana. Le azioni e le proposte delle altre organizzazioni agricole certamente non hanno favorito e, in molti casi, hanno impedito le necessarie intese unitarie, ma questo non può in nessun modo significare da parte nostra posizioni di arroccamento e di chiusura in difesa dell'esistente. Viceversa dobbiamo avere sempre la forza e la volontà politica di parlare a tutta l'agricoltura italiana con la forza delle nostre idee, della nostra storia e della volontà unitaria.
La nostra organizzazione ha una storia di grandi lotte, di impegno politico ed economico, di progetti, di idee, di proposte, di iniziative: negli anni abbiamo costruito un formidabile patrimonio di agricoltori, di imprenditori agricoli. Un patrimonio fatto di uomini di uomini e di donne, di giovani e di anziani. Un patrimonio che ha permesso alla Confederazione di crescere e di svilupparsi sull'intero territorio e di affermarsi a livello europeo e internazionale.
Dobbiamo proseguire con fermezza su questa strada. Andare avanti con coraggio e senso civile, tenendo fede agli ideali e ai valori che hanno fatto di noi una importante realtà, non solo del sistema agro-alimentare, ma della società nel suo complesso. La nostra missione deve procedere senza alcun tentennamento, ma con la convinzione certa di rispondere unicamente alle esigenze dei nostri soci, con spirito di servizio, con professionalità e con competenza.
Se sapremo fare questo, se sapremo ridisegnare le nostre strutture e il nostro modo di essere rappresentanza sugli obiettivi strategici che abbiamo individuato, allora potremo ritenere davvero di aver costruito uno strumento utile allo sviluppo del protagonismo del mondo agricolo italiano.
Questa è la sfida che vogliamo e dobbiamo sviluppare fin da domani. Tempi lunghi non sono più possibili. Una sfida decisiva che deve però vederci operare tutti insieme. La gestione non può più essere solo nelle mani di un determinato numero di persone o peggio ancora di un presidente, imprigionato nel suo isolamento e incapace da solo di guidare il necessario cambiamento. Nella nostra organizzazione non possono esserci maggioranze e minoranze costituite e in questo senso dobbiamo correggere eventuali errori presenti nello statuto e, soprattutto nel regolamento. La nostra deve essere una gestione unitaria e collegiale attraverso la quale si sappia creare un solida interconnessione tra i diversi soggetti del sistema CIA.
L'unità della Confederazione, la collegialità nelle scelte da compiere e l'autonomia da irrobustire con una forte capacità propositiva devono caratterizzare la nostra azione per meglio rispondere alle esigenze di migliaia di soci che ogni anno di danno fiducia rinnovando o sottoscrivendo la tessera. E a loro e a loro solo che dobbiamo rendere conto in termini di strategie economiche e sociali e nella fornitura dei servizi.
A cinquant'anni di distanza dello straordinario avvenimento rappresentato dalla costituzione dell'Alleanza dei Contadini, dobbiamo avere le stesse convinzioni di allora e cominciare a costruire, nell'autonomia e nell'unità, una grande nuova stagione per la nostra Organizzazione. Abbiamo le potenzialità, le energie, le capacità e le intelligenze per raggiungere questo ambizioso e irrinunciabile traguardo.
Con questa convinzione vi chiedo di sostenere la mia candidatura a presidente della Confederazione italiana agricoltori. Insieme, con le idee, con le esperienze, con la sensibilità di tutti voi, intendo lavorare per la "casa" degli imprenditori agricoli, dell'agricoltura, del mondo rurale del nostro Paese. Mai come questa volta il nostro futuro è nelle nostre mani.
Dobbiamo con grande spirito unitario lavorare per cambiare e per ricreare l'entusiasmo di essere iscritti e dirigenti della Confederazione Italiana Agricoltori.
Personalmente ho tanto entusiasmo, tanta voglia di ascoltare, proporre e fare , tanto orgoglio di far parte di questa famiglia.
Chi come me proviene da una famiglia di coltivatori diretti e ha scelto di dedicare grandissima parte della sua vita ad una organizzazione che lotta ed agisce per lo sviluppo dell'agricoltura, per migliorare le condizioni economiche e sociali di chi in agricoltura opera e contribuire, così, a costruire una società più giusta, capace di offrire a tutti condizioni di pari opportunità, la volontà di fare e la volontà di dare è immensamente grande.
Dobbiamo, tutti insieme, essere ancora una volta protagonisti e artefici del "nuovo", per trasformare e sviluppare la nostra Organizzazione.
Questo cari amici e compagni è il senso vero della sfida decisiva e cruciale che ci attende e che siamo obbligati a vincere.
Un grazie a Massimo Pacetti. Ha preso l'Organizzazione dopo un lungo ciclo, in un momento difficile. Ha permesso a tutti di crescere.
Un grazie a quanti hanno deciso di sostenermi.
Un grazie a quanti hanno usato parole di stima e dichiarato apprezzamento per il lavoro che ha caratterizzato il mio impegno nella presidenza nazionale.
Un grazie e un ideale abbraccio a tutti voi.Viva la nostra Confederazione, viva l'agricoltura italiana.
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(Bozza non corretta)
Amiche, amici,
in questa importante Assemblea siamo chiamati non solo alla elezione di un nuovo presidente, ma anche e soprattutto a decidere con quali azioni affrontare il futuro e con quali progetti concreti rispondere alle esigenze delle migliaia di nostri soci, che attendono un segnale chiaro e impegni solidi per cercare di superare l'attuale difficile momento che stanno vivendo le imprese agricole italiane.
La scelta di candidarmi a presidente della Confederazione Italiana Agricoltori è stata determinata dalle tante sollecitazioni avute e, soprattutto, dalla volontà e dall'ambizione di poter contribuire, insieme a tutti Voi, a costruire una nuova fase della storia della nostra Confederazione, realizzando gli impegni che erano alla base dell'Assemblea straordinaria del 24 ottobre del 2000.
La Confederazione Italiana Agricoltori rappresenta un inestimabile patrimonio, costituito dai soci, ad iniziare dagli agricoltori, dalle donne, dai giovani, dai pensionati, dalle strutture territoriali e da migliaia di persone che -come ho avuto modo di affermare nella lettera nella quale ho annunciato la mia candidatura- operano ogni giorno con professionalità all'interno dell'Organizzazione, con funzioni e responsabilità diverse.
Un'ambizione, la mia, fatta di caparbietà, di impegno, di attaccamento ai nostri valori ed ideali. Un'ambizione forte per cambiare, per uscire dallo stallo e per ridare orgoglio a chi vive, opera e crede nell'Organizzazione. Un'Organizzazione che vogliamo nuova, moderna ed efficiente. Un'Organizzazione viva e propulsiva e sempre più radicata nel territorio. Un'Organizzazione dove tutti possano sentirsi a casa propria, dove ognuno possa esprimere liberamente il suo pensiero e lavorare con tranquillità, contribuendo alla crescita, al benessere, al progresso della Confederazione, dell'agricoltura, delle sue imprese diffuse, della società, del Paese.
Indubbiamente, nell'attuale precaria e complessa fase, le energie per intraprendere il nuovo cammino devono essere tante. Anzi, abbiamo il dovere di moltiplicarle.
Dobbiamo avere il coraggio di percorrere questa strada sino in fondo, consapevoli che il nostro quotidiano lavoro, fatto di sacrifici, di sforzo intellettuale, di professionalità, di impegno, rappresenta la chiave decisiva per sciogliere alla radice tutti quei problemi che in troppe occasioni hanno impedito un passo spedito.
Il momento è, tuttavia, difficile.
E' un'Assemblea, quella di oggi, che si tiene in presenza di eventi tumultuosi, che lasceranno un segno duraturo nella società, nell'economia e nella cultura dell'Occidente.
Eventi che hanno dato alla globalizzazione e alla competitività una concretezza e un'urgenza diversa da come le avevamo comprese finora, rimettendo in gioco certezze e rendite di posizione.
Oggi ci sentiamo meno sicuri, più vulnerabili, più spaesati. Ma non per questo ci sentiamo rassegnati a logiche rinunciatarie o a scenari di declino.
La nostra voglia di rinnovamento è integra, poggia sulla consapevolezza dei problemi, ma anche sulla certezza di avere concretezza, idee, fantasia e coraggio.
Un patrimonio di intelligenza e di volontà da mettere al servizio del Paese e ridare fiducia agli agricoltori
Non solo per l'economia, per il nostro settore agricolo, ma per la stessa vita di ognuno di noi.
C'è un filo rosso tra "l'impegno di tutti", più volte invocato dal Capo dello Stato Ciampi per riattivare il circuito virtuoso dello sviluppo, e la "voglia di unità", di fare sistema con chiunque sia disposto a condividere un ragionamento e una strategia per il futuro del Paese.
Il filo rosso è il messaggio. Collaborare, lavorare insieme, è l'unico modo che abbiamo per recuperare fiducia, ottimismo, orgoglio. Per battere una cultura del declino divenuta più strisciante del suo stesso oggetto. Per ritrovare quello spirito di riscatto e quella voglia di fare che nel Dopoguerra hanno consentito ai nostri padri di ricostruire il Paese.
Oggi non siamo in un Dopoguerra. Stiamo vivendo una transizione difficile, dalla quale possiamo risollevarci ritrovando dentro di noi, nella Cia, nelle imprese agricole e nel Sistema Paese, la qualità e le energie per ripartire.
Lo scenario che oggi abbiamo davanti è carico di tensioni e appare difficile procedere con determinazione verso un sano e adeguato sviluppo. Però, comincia ad emergere, anzi penso che ormai sia sempre più palpabile, la voglia di un qualcosa di positivo, di un segnale di ripresa, di rivedere un sentiero spianato dove ci si possa rimettere in marcia sia in Italia che nel mondo intero.
Una voglia che nasce da chi non si sente battuto e vuole dare una scossa di vitalità, di riscatto.
D'altronde, la situazione socio-economica del nostro Paese lo impone.
Sono sufficienti alcuni dati per comprendere la delicatezza della situazione economica e sociale. Il prodotto interno lordo segna il passo, i consumi non aumentano, mentre gli investimenti sono in continuo e consistente calo.
La fiducia dei cittadini ha ormai toccato livelli molto bassi che non si riscontravano da alcuni decenni. I conti pubblici hanno avuto bisogno di un'ulteriore manovra correttiva, anche perché la finanziaria 2004 si è dimostrata inefficace e priva di consistenza. Una finanziaria, insomma, di basso profilo.
Il governo Berlusconi , dopo aver sostenuto per mesi, e in maniera più consistente durante la recente campagna elettorale, populistiche azioni di riduzioni delle tasse per i cittadini e della riduzione del carico fiscale per le imprese, ha dovuto rivedere i conti, accantonare queste proposte e proporre un documento di programmazione economica e finanziaria che prevede per il prossimo anno tra tagli alla spesa e maggiori entrate una manovra di 24 miliardi di euro dei quali circa un terzo è rappresentato da una tantum.
Il governo in tre anni non è riuscito a dare la sterzata positiva.
In molti casi, purtroppo, si sono registrati addirittura pericolosi passi indietro.
Nelle decisioni di carattere economico è prevalsa la "logica dell'una tantum", mentre si è andata sempre di più consolidando la tendenza al voto di fiducia che ha praticamente svuotato il confronto politico-parlamentare e con esso il dialogo, o meglio la concertazione, con le forze sociali. Concertazione che va considerata indispensabile per costruire una nuova fase di crescita e che, pertanto, va ripresa e sviluppata con nuovo entusiasmo e fiducia.
E tutto questo che è avvenuto costituisce un danno rilevante per la nostra democrazia. Gli stessi tempi della verifica all'interno delle forze politiche di maggioranza hanno assunto toni per dir poco esasperanti, alimentando le preoccupazioni e accentuando lo scontro politico.
In questa difficile situazione per i cittadini e le imprese, la nostra agricoltura è ancor più penalizzata.
Le nostre imprese sono costrette ad agire tra mille difficoltà e vedono scendere sempre di più la loro competitività. Lo scorso anno la produzione lorda vendibile agricola è diminuita per il quarto anno consecutivo, facendo registrare un calo di quasi il 5 per cento; l'incidenza del settore sulla formazione del prodotto interno lordo è sceso al 2,5 per cento; mentre si è avuta una fuoriuscita di unità di lavoro dal comparto del 3,7 per cento.
Gli imprenditori agricoli devono fare i conti con gli alti costi di produzione e con oneri burocratici e previdenziali che rendono difficile la gestione aziendale. Il tutto in presenza di investimenti insufficienti, che oltretutto la recente manovra correttiva, con tagli indiscriminati alle risorse finanziarie per il settore, ha ridotto al lumicino.
Certamente l'agricoltura riflette, più degli altri settori, le difficoltà della nostra economia. Assistiamo così alla polverizzazione dimensionale delle imprese, alla scarsa spesa destinata all'innovazione e alla modernizzazione, alla drammatica perdita di quote di mercato, all'accrescimento dei vincoli e dei condizionamenti, alla mancanza di una strategia complessiva di rilancio.
Un comparto che ha, di conseguenza, l'impellente necessità di un nuovo progetto di sviluppo, di azioni concrete di interventi efficaci e propulsivi. Gli agricoltori, ai quali siamo chiamati a rispondere in termini di impegno, di iniziative strategiche e di reali servizi, non hanno bisogno di atteggiamenti demagogici.
Atteggiamenti che lo stesso ministro delle politiche agricole Gianni Alemanno ha troppe volte avuto. Alle promesse e ai proclami sono seguiti solo sporadici e inconsistenti fatti concreti. Gli imprenditori vogliono solo certezze per poter lavorare con profitto e tranquillità.
La nostra agricoltura ha davanti a sé importanti sfide e scadenze, a cominciare dall'applicazione della Politica agricola comune e dal complesso negoziato commerciale Wto, che vanno affrontate con la massima determinazione e con l'azione puntuale e rigorosa del ministero e del governo nella sua collegialità.
Dobbiamo progettare e costruire l'agricoltura del futuro.
Dobbiamo farci carico di proporre un progetto per la competitività dell'agricoltura italiana ponendo al centro gli imprenditori agricoli e le loro imprese.
La nostra agricoltura è un insieme di punti di forza e di debolezza che interagiscono. Non esiste un'unica linea di tendenza: esse variano in modo significativo in rapporto alle aree geografiche, le tipologie di aziende,le produzioni.
Tra i punti di debolezza, che se non corretti limitano la competitività, possiamo evidenziare l'irrisolta questione fondiaria, il lento ricambio generazionale, l'assenza di economie di rete.
Tra i punti di forza possiamo certamente inserire la presenza diffusa sul territorio di imprese familiari, che permette una elevata capacità di adattamento, e la tradizione alimentare che rende le produzioni tipiche e di qualità del nostro territorio uno dei vanti della nostra agricoltura.
In un mercato sempre più aperto e concorrenziale, la qualità rappresenta l'arma vincente della nostra agricoltura.
Non nicchia di mercato, ma tratto distintivo di un sistema di aziende diffuse sul territorio al quale ogni operatore contribuisce ad iniziare dall'agricoltore, ma anche l'industria di trasformazione e la distribuzione con la forza dei marchi e delle filiere di qualità.
Ma la qualità è una strategia vincente solo se si combina con l'innovazione come: il marketing, la comunicazione, l'organizzazione del mercato. Solo attraverso essa è possibile contrastare efficacemente i tentativi di imitazione, recuperare margini di competitività, ottenere una differenziazione di prezzo e, quindi, un maggior reddito per gli agricoltori. Il principio che ci deve guidare è che alla base del progresso produttivo c'è l'innovazione continua, il cambiamento è un processo continuo, ma l'innovazione deve essere sostenuta e governata. Bisogna, quindi, puntare sull'innovazione. Se c'è innovazione, c'è crescita economica, a condizione che le nuove conoscenze producano beni e servizi e, quindi, valore di mercato. Ma l'innovazione è abbisognevole della ricerca e l'Italia è il fanalino di coda tra i Paesi più sviluppati nel mondo.
Per questo la CIA dovrà farsi carico della necessità di un progetto per la competitività delle imprese agricole e proporre con forza una nuova, diversa e vera politica agraria nazionale finalizzata a promuovere lo sviluppo del settore e a creare un ambiente nel quale gli agricoltori possano operare in condizioni di maggiore certezza e di tutela dei redditi in rapporto ai rischi naturali e del mercato. Per definire la nuova missione dell'agricoltura italiana è ormai maturo il tempo di chiedere lo svolgimento di una Conferenza nazionale sull'agricoltura e lo sviluppo rurale, organizzata dalla Conferenza Stato-Regioni.
I capitoli del progetto devono riguardare l'innovazione tecnologica , la ricerca e i servizi di sviluppo, i nuovi strumenti assicurativi e i servizi finanziari, la promozione del made in Italy e le relazioni interprofessionali, il ricambio generazionale, la mobilità fondiaria e il sostegno all'agricoltura giovane, le infrastrutture e il sistema delle regole.
La nostra Confederazione si dovrà impegnare da subito, non solo a chiedere lo svolgimento della Conferenza, ma a dare contenuto a questi capitoli recuperando quanto da noi prodotto nella Conferenza sull'impresa agricola svolta nel 2002. Per questo diciamo basta a provvedimenti sporadici e ad azioni scollegate. Siamo contro politiche di scarso respiro e diciamo un fermo "no" alla logica del declino. Noi della CIA, siamo per lo sviluppo e per scelte di governo capaci di dare un futuro più certo ai cittadini, agli imprenditori e alle imprese..
Rispetto alle nuove necessità , l'azione del governo non ha saputo cogliere le nuove esigenze presenti nel territorio, ad iniziare dalle attività agricole e dalle imprese. Proprio l'assenza di una valida politica ha determinato situazioni di forte disagio economico e sociale degli imprenditori agricoli. In un quadro di convulsi e repenti cambiamenti, dalla riforma della Pac alle mutate relazioni sui mercati internazionali, la mancanza di azioni programmate e strategiche ha penalizzato la competitività delle nostre aziende agricole che hanno dovuto affrontare la nuova situazione da sole, senza il sostegno di riferimenti sia normativi che economici certi, con servizi inesistenti e nella più totale assenza di moderne infrastrutture.
L'agricoltura di qualità legata al territorio, l'agricoltura di servizio, che la nostra confederazione ha sempre promosso, ha subito i contraccolpi di questa deleteria e mortificante azione riduttiva.
Tutto ciò ha profonde conseguenze sul piano internazionale: sviluppo del multilateralismo, superamento delle visioni iperliberiste, riforma degli organismi quali il Wto (che non può basarsi su accordi bilaterali, ma avere una visione più ampia che tenga conto dei nuovi paesi emergenti e soprattutto di quelli più poveri), rilancio del ruolo dell'Europa.
E a proposito di Europa, è necessario procedere con determinazione nella riforma della Pac, privilegiando le azioni di orientamento e di governo del mercato.
Ed è proprio l'Europa, allargata e in vista di nuove adesioni, che può dare un contributo essenziale nel contesto di una globalizzazione che, dopo gli anni di egemonia da parte degli Stati Uniti, oggi vive una profonda trasformazione con problemi evidenti e da risolvere, con l'affermarsi di nuovi paesi che stanno irrompendo nello scenario mondiale (prima fra tutti la Cina).
L'accordo sulla costituzione europea va salutato come un positivo passo avanti, ma da solo non è sufficiente. Bisogna agire per un governo adeguato al patto di stabilità, per più flessibili politiche della moneta e del lavoro, per robusti investimenti verso le infrastrutture, per una concertata promozione della ricerca, dell'innovazione e della formazione, per riforme di struttura eque e partecipate, per una comune politica estera e di difesa.
E in tale contesto occorre sviluppare iniziative che affrontino le questioni relative all'area del Mediterraneo e della politica del libero scambio.
Il Mediterraneo non può che richiamare il tema del Mezzogiorno e gli ancora marcati squilibri economici e sociali presenti nella nostra società. Credo che non sia più procrastinabile una politica fatta di scelte finalizzate alla valorizzazione delle grandi potenzialità produttive presenti nel Sud, dove l'agricoltura e le attività produttive collegate rappresentano una formidabile occasione di sviluppo economico e sociale.
L'annunciata volontà del governo di istituire un ministero per il Mezzogiorno costituisce un inutile, quanto dannoso, ritorno al passato. Un nuovo e diverso impegno per lo sviluppo delle aree del mezzogiorno non può essere caratterizzato da interventi straordinari e sganciati dal contesto generale.
Viceversa, bisogna operare scelte capaci di valorizzare le grandi ricchezze presenti nel territorio, ad iniziare dalle attività agricole, garantendo adeguati e moderni servizi sociali e infrastrutturali, capaci di permettere l'innovazione delle imprese.
Tutti questi sono fattori ed elementi con i quali, come organizzazione professionale e di rappresentanza, siamo obbligati a confrontarci e verso i quali dobbiamo trovare le risposte più opportune. Lo dobbiamo fare per i nostri soci, per le loro famiglie, per le loro imprese, che rappresentano il vero cuore pulsante. Occorre un impegno forte e nuovo; è necessario fare sistema, intrecciando elaborazione e progettualità, politica e iniziative, strategie e servizi, sia a livello locale che nazionale.
L'evoluzione che ha segnato il cambiamento dell'impresa agricola deve essere colta in tutta la sua interezza. Le novità che hanno coinvolto i giovani, le donne, gli anziani, i mutati percorsi delle aziende (vedi lo sviluppo dell'agriturismo), le scelte di nuovi modelli di produzione (l'agricoltura biologica in particolare), il protagonismo dei pensionati, l'accresciuta voglia di partecipazione e uno straordinario senso di appartenenza di chi vive nelle aree rurali e degli imprenditori agricoli, devono avere da parte della Cia un'attenzione particolare e certamente diversa dal passato.
È probabilmente giunto il momento di favorire nuove forme di partecipazione da parte degli iscritti, istituzionalizzando anche la costituzione di consulte nazionali di settore o di comparto produttivo dove gli stessi agricoltori possono avere un'ascoltata voce sui temi che hanno una ricaduta importante per gli loro interessi economici.
Il problema, oggi fortemente presente nella nostra Organizzazione della partecipazione attiva degli agricoltori alle scelte e alla gestione della nostra Confederazione, dovrà rappresentare un tema importante da affrontare con grande determinazione nella prossima assemblea elettiva prevista alla fine del 2006.
In questo quadro dobbiamo potenziare le capacità di rappresentanza favorendo un modello organizzativo a rete rafforzando, a partire dal livello territoriale, tutti gli strumenti del sistema Cia. Strumenti che, dove hanno ben operato, hanno consentito un ampliamento della base sociale della Confederazione. Dobbiamo, insomma, dare corpo alla rappresentanza, anche con specifici progetti rivolti a dare voce ai tanti e nuovi bisogni presenti nell'agricoltura italiana e nelle aree rurali del Paese. Dobbiamo considerare che nonostante i tanti soggetti organizzati che intervengono nel settore e nelle aree rurali, una grande percentuale di agricoltori, pensionati e cittadini che operano nelle aree rurali e che interagiscono con le attività agricole non sono iscritti a nessuna organizzazione.
E noi come Cia dobbiamo saper interpretare il nuovo.
Dobbiamo valorizzare la crescente funzione delle donne imprenditrici agricole, che con coraggio affrontano i problemi di conduzione di un'azienda. Dobbiamo incutere fiducia ai giovani che non sono solo il futuro, ma rappresentano la realtà del presente. Dobbiamo dare concreti supporti agli anziani a cui va tutta la nostra riconoscenza per il loro impegno e il loro lavoro che ha permesso di costruire la democrazia del nostro Paese.
Fare rappresentanza significa anche alleanze e rete di relazioni. E tutto ciò pone il tema dell'unità del mondo agricolo, nel cui ambito è necessaria la costante ricerca di convergenze che aiutino a tutelare al meglio gli interessi degli imprenditori agricoli e a promuovere politiche di sostegno all'agricoltura e allo sviluppo delle aree rurali.
Non voglio sognare la nuova Cia.
Voglio che quello che è emerso in questi mesi di dibattito e di confronto si realizzi nel concreto. Non abbiamo bisogno di utopie, ma di rimuovere atteggiamenti di autoreferenzialità.
Tutti insieme dobbiamo, invece, agire per un modello organizzativo che ho definito unitario, policentrico e flessibile. Un modello federalistico capace di far evolvere globalmente la nostra organizzazione in linea con il progetto politico.
Ed è per tale ragione che ho parlato di un federalismo cooperativo, di un modello che deve avere un sistema di governo forte e collegiale, che superi in maniera definitiva l'impostazione presidenzialistica. Governo che deve svilupparsi su tre cardini fondamentali: responsabilità, integrazione e collegialità.
Ribadisco soltanto che il cambiamento che siamo chiamati a sviluppare deve muoversi in una logica nuova e caratterizzarsi in quella "transizione nella discontinuità" così definita in un ordine del giorno approvato dalla Giunta Nazionale.
Voglio però ribadire, con la massima chiarezza, gli obiettivi operativi che devono caratterizzare la mia azione e che riguardano la vita interna della nostra confederazione e la sua azione esterna.
Le linee di intervento previste nel Piano di risanamento e sviluppo approvato all'unanimità dall'Assemblea nazionale saranno perseguite con la massima responsabilità, ma anche con grande determinazione, allo scopo di rimuovere gli ostacoli finanziari nella realizzazione degli obiettivi organizzativi e politici che insieme abbiamo definito.
L'impegno di verificare periodicamente la situazione finanziaria e gli obiettivi del risanamento sarà fermamente mantenuto e i risultati saranno oggetto di informazione costante agli organismi dirigenti. Non ho mai sostenuto che le azioni previste e gli obiettivi da perseguire rappresentano una sorta di limite invalicabile, voglio però ribadire con analoga chiarezza che è ormai finito il tempo dei giudizi perché è necessario operare: non solo dire, ma soprattutto saper ascoltare e fare, è il motto con il quale voglio caratterizzare la mia azione.
Con questo voglio affermare che ogni dirigente, nelle sedi e nelle occasioni opportune, potrà avanzare ulteriori proposte per rendere più efficace il Piano di risanamento e sviluppo o per correggere in corso di applicazione alcune misure: Queste proposte saranno attentamente considerate e se condivise inserite nel programma ed attuate.
La ristrutturazione degli uffici centrali e la costituzione delle aree di lavoro così, come previsto nel programma presentato e dall'ordine del giorno dell'Assemblea nazionale,, saranno realizzate entro il prossimo 30 settembre. La ristrutturazione degli uffici centrali sarà accompagnata da una relazione sulla situazione del personale e le professionalità in essa già presenti.
Questo allo scopo di adattare anche il personale ai "nuovi" bisogni della nostra Confederazione e dell'agricoltura, attivando le necessarie azioni di formazione e valorizzando le professionalità presenti all'interno del sistema CIA.
Il programma di ristrutturazione degli uffici, naturalmente, vedrà il coinvolgimento pieno anche di tutto il personale dirigente centrale, ma questo non dovrà significare rinvii sulle scelte da compiere e neppure sostanziale difesa dell'esistente.
Nella nostra struttura centrale operano numerose e valide figure professionali, fortemente interessate al progresso della nostra Confederazione e, quindi, sono convinto che da parte loro verrà un utile contributo sulle decisioni operative da adottare.
Non ho voglia di commentare il documento sottoscritto da parte di alcuni dirigenti della sede nazionale. Con franchezza devo però dichiarare che mi sarei aspettato di più, la nostra Confederazione si aspettava di più.
La logica dello schieramento, purtroppo, è prevalsa sulla utile necessità di offrire a tutta la Confederazione un contributo serio sul ruolo della struttura centrale e sulla disponibilità piena a misurarsi con le difficoltà presenti, offrendo un importante patrimonio personale e professionale per contribuire al successo dell'azione della nostra Confederazione.
Il documento sottoscritto, non offre nessun aiuto alla soluzione dei problemi, anzi , temo, e mi auguro di sbagliarmi, ne creerà di nuovi all'interno dei rapporti del sistema CIA.
Sul piano esterno l'azione sarà da subito caratterizzata al perseguimento di garantire nuovi diritti alle imprese agricole, agli agricoltori e alle aree rurali con particolare riferimento a quanti operano nelle zone interne svantaggiate e di montagna.
La strategia del riequilibrio territoriale, nord-sud, città-campagna, zone interne e di montagna- pianura, e produttivo, agricoltura in rapporto agli altri settori, deve essere perseguito con grande determinazione politica e sindacale per creare le condizioni del riconoscimento agli agricoltori e di chi vive nelle aree rurali dei diritti garantiti agli altri cittadini e agli altri imprenditori, ma anche per ottenere nuovi diritti finalizzati a rimuovere situazioni di svantaggio.
In questo quadro il nostro impegno dovrà essere orientato a garantire alle imprese agricole azioni legislative per la definizione di regole di mercato certe ed uguali per tutti i soggetti che in esso operano e per la semplificazione amministrativa, che sempre di più rischia di essere un oggettivo impedimento alla libertà d'impresa.
La multifunzionalità dell'agricoltura può rappresentare una occasione di sviluppo dell'agricoltura a condizione che si sviluppino azioni capaci di migliorare le condizioni civili di quanti risiedono nelle aree rurali e svantaggiate del Paese. Le scelte del governo con la riduzione delle risorse finanziarie da destinare agli Enti Locali e la logica "aziendale" che guida le scelte nella sanità, nei trasporti, nella scuola, nella previdenza, nei fatti, incidono negativamente nel godimento di diritti fondamentali dei cittadini penalizzando le fasce sociali più deboli ad iniziare dagli anziani e negano un futuro ai giovani che intendono continuare a vivere e produrre in agricoltura e nelle aree rurali del nostro Paese.
A differenza di altri settori e altre categorie produttive, la nostra azione nel campo dei diritti sociali e previdenziali, non può caratterizzarsi nella semplice difesa della situazione esistente, ma deve muoversi per rivendicarne di nuovi.
Nell'azione della conquista dei nuovi diritti, fermo restando la nostra autonomia, dobbiamo avere la capacità e volontà di sviluppare le nostre relazioni verso tutti i soggetti organizzati che operano nelle attività sociali ed economiche e che, come noi sono portatori della difesa di specifici interessi. Fare rappresentanza significa anche alleanze e rete di relazioni. E tutto ciò pone il tema dell'unità del mondo agricolo, nel cui ambito è necessaria la costante ricerca di convergenze che aiutino a tutelare al meglio gli interessi degli imprenditori agricoli e a promuovere politiche di sostegno all'agricoltura e allo sviluppo delle aree rurali.
Dobbiamo con determinazione, orgoglio e grande capacità propositiva recuperare e rendere visibile l'obiettivo dell'unità con le altre organizzazioni professionali agricole. Dobbiamo adoperarci per rendere evidente la nostra voglia di indicare agli agricoltori italiani una strategia unitaria come valore e strumento sindacale per meglio difendere e sviluppare l'agricoltura italiana. Le azioni e le proposte delle altre organizzazioni agricole certamente non hanno favorito e, in molti casi, hanno impedito le necessarie intese unitarie, ma questo non può in nessun modo significare da parte nostra posizioni di arroccamento e di chiusura in difesa dell'esistente. Viceversa dobbiamo avere sempre la forza e la volontà politica di parlare a tutta l'agricoltura italiana con la forza delle nostre idee, della nostra storia e della volontà unitaria.
La nostra organizzazione ha una storia di grandi lotte, di impegno politico ed economico, di progetti, di idee, di proposte, di iniziative: negli anni abbiamo costruito un formidabile patrimonio di agricoltori, di imprenditori agricoli. Un patrimonio fatto di uomini di uomini e di donne, di giovani e di anziani. Un patrimonio che ha permesso alla Confederazione di crescere e di svilupparsi sull'intero territorio e di affermarsi a livello europeo e internazionale.
Dobbiamo proseguire con fermezza su questa strada. Andare avanti con coraggio e senso civile, tenendo fede agli ideali e ai valori che hanno fatto di noi una importante realtà, non solo del sistema agro-alimentare, ma della società nel suo complesso. La nostra missione deve procedere senza alcun tentennamento, ma con la convinzione certa di rispondere unicamente alle esigenze dei nostri soci, con spirito di servizio, con professionalità e con competenza.
Se sapremo fare questo, se sapremo ridisegnare le nostre strutture e il nostro modo di essere rappresentanza sugli obiettivi strategici che abbiamo individuato, allora potremo ritenere davvero di aver costruito uno strumento utile allo sviluppo del protagonismo del mondo agricolo italiano.
Questa è la sfida che vogliamo e dobbiamo sviluppare fin da domani. Tempi lunghi non sono più possibili. Una sfida decisiva che deve però vederci operare tutti insieme. La gestione non può più essere solo nelle mani di un determinato numero di persone o peggio ancora di un presidente, imprigionato nel suo isolamento e incapace da solo di guidare il necessario cambiamento. Nella nostra organizzazione non possono esserci maggioranze e minoranze costituite e in questo senso dobbiamo correggere eventuali errori presenti nello statuto e, soprattutto nel regolamento. La nostra deve essere una gestione unitaria e collegiale attraverso la quale si sappia creare un solida interconnessione tra i diversi soggetti del sistema CIA.
L'unità della Confederazione, la collegialità nelle scelte da compiere e l'autonomia da irrobustire con una forte capacità propositiva devono caratterizzare la nostra azione per meglio rispondere alle esigenze di migliaia di soci che ogni anno di danno fiducia rinnovando o sottoscrivendo la tessera. E a loro e a loro solo che dobbiamo rendere conto in termini di strategie economiche e sociali e nella fornitura dei servizi.
A cinquant'anni di distanza dello straordinario avvenimento rappresentato dalla costituzione dell'Alleanza dei Contadini, dobbiamo avere le stesse convinzioni di allora e cominciare a costruire, nell'autonomia e nell'unità, una grande nuova stagione per la nostra Organizzazione. Abbiamo le potenzialità, le energie, le capacità e le intelligenze per raggiungere questo ambizioso e irrinunciabile traguardo.
Con questa convinzione vi chiedo di sostenere la mia candidatura a presidente della Confederazione italiana agricoltori. Insieme, con le idee, con le esperienze, con la sensibilità di tutti voi, intendo lavorare per la "casa" degli imprenditori agricoli, dell'agricoltura, del mondo rurale del nostro Paese. Mai come questa volta il nostro futuro è nelle nostre mani.
Dobbiamo con grande spirito unitario lavorare per cambiare e per ricreare l'entusiasmo di essere iscritti e dirigenti della Confederazione Italiana Agricoltori.
Personalmente ho tanto entusiasmo, tanta voglia di ascoltare, proporre e fare , tanto orgoglio di far parte di questa famiglia.
Chi come me proviene da una famiglia di coltivatori diretti e ha scelto di dedicare grandissima parte della sua vita ad una organizzazione che lotta ed agisce per lo sviluppo dell'agricoltura, per migliorare le condizioni economiche e sociali di chi in agricoltura opera e contribuire, così, a costruire una società più giusta, capace di offrire a tutti condizioni di pari opportunità, la volontà di fare e la volontà di dare è immensamente grande.
Dobbiamo, tutti insieme, essere ancora una volta protagonisti e artefici del "nuovo", per trasformare e sviluppare la nostra Organizzazione.
Questo cari amici e compagni è il senso vero della sfida decisiva e cruciale che ci attende e che siamo obbligati a vincere.
Un grazie a Massimo Pacetti. Ha preso l'Organizzazione dopo un lungo ciclo, in un momento difficile. Ha permesso a tutti di crescere.
Un grazie a quanti hanno deciso di sostenermi.
Un grazie a quanti hanno usato parole di stima e dichiarato apprezzamento per il lavoro che ha caratterizzato il mio impegno nella presidenza nazionale.
Un grazie e un ideale abbraccio a tutti voi.Viva la nostra Confederazione, viva l'agricoltura italiana.
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