Sacchetti bio portati da casa, dubbi per la vendita diretta
La decisione del Consiglio di Stato sulla questione dei sacchetti in plastica non convince gli agricoltori
Invece di acquistarli al supermercato, i consumatori ora potranno portarsi da casa i sacchetti bio necessari per imbustare frutta e vendura dai banconi delle catene della Gdo. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato nel parere pubblicato a fine marzo.
Nel dettaglio, i consumatori potranno "anziché acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato dal punto vendita, utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti" ma "solo se idonei a preservare l'integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge". E l'esercizio commerciale non potrà "vietare tale facoltà".
Sorprende tuttavia come il Consiglio di Stato nell'esprimere il suo parere non si interessi minimamente di considerare come meritevole di tutela anche l'esercente: ribadendo che tale soggetto rimane responsabile della conformità degli involucri utilizzati all'interno del proprio esercizio anche qualora introdotti dal consumatore, ritiene corretto scaricare sull'esercente l'obbligo di controllare "tutti i fattori potenzialmente pregiudizievoli per la sicurezza dei prodotti compravenduti all'interno del punto vendita, tra cui, evidentemente, anche sugli eventuali sacchetti che il consumatore intende utilizzare".
Secondo la Cia-Agricoltori Italiani la situazione che si è creata è a dir poco bizzarra: è impossibile infatti pretendere che colui che effettua la vendita, in molti casi rappresentato da imprese agricole che effettuano vendita diretta, debba controllare uno ad uno ogni involucro di volta in volta portato dal consumatore, vietarne l'utilizzo qualora lo ritenga non idoneo alla normativa ed essere passibile di sanzioni qualora commetta errori in termini di valutazione.
L’organizzazione degli Agricoltori Italiani si chiede se per evitare, giustamente, al consumatore una maggiore spesa annuale in sacchetti di plastica di materiale ultraleggero di pochi euro, sia corretto costringere l'esercente a sopportare oneri ben più significativi in termini di tempi e di sanzioni.